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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2013 alle ore 22:45.

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Nel 2010 uccise a botte il tassista che aveva investito il cane dell'amica: un omicidio brutale, che impressionò Milano per la violenza con cui il tassista era stato aggredito e per la futilità dei motivi che avevano provocato la reazione. Oggi Michel Morris Ciavarella, l'aggressore che sferrò il colpo decisivo alla vittima, si è visto respingere dalla Corte di Cassazione (sentenza 22060/13, relatore Giuseppe Locatelli, presidente Umberto Giordano, depositata il 23 maggio) i motivi di ricorso nei confronti delle due sentenze di merito e ha trovato così conferma della condanna a sedici anni di reclusione disposta dal Giudice dell'udienza preliminare e confermata dalla Corte d'assise e d'appello.

La vicenda

Nell'ottobre del 2010, mentre percorreva una via della periferia sud di Milano, il tassista Luca Massari investì un cane privo di guinzaglio, sfuggito al controllo della proprietaria. Sceso per scusarsi dell'accaduto (come riassume la stessa Cassazione nella sentenza 22060), il tassista venne aggredito da Stefania Citterio, dal fratello di lei (Pietro Citterio, fidanzato della padrona del cane) e dal fidanzato di Stefania, Michel Morris Ciavarella. Colpito con pugni e calci, il tassista ricevette infine da Michel Ciavarella una ginocchiata al volto che lo mandò a battere violentemente la testa contro il marciapiede. L'episodio scosse profondamente il quartiere, i colleghi tassisti della vittima e la città tutta, per l'aspetto brutale e incomprensibile dell'aggressione.

Le questioni giuridiche

In primo e in secondo grado Ciavarella è stato condannato a sedici anni di reclusione, risultanti dal reato di omicidio volontario, con la concessione delle attenuanti generiche "compensate" però dall'aggravante dei futili motivi. In Cassazione, l'omicida ha contestato sia il riconoscimento di questa aggravante sia soprattutto l'attribuzione dell'omicidio volontario in luogo di quello preterintenzionale.

La Cassazione, respingendo le contestazioni, ricorda «l'enorme sproporzione tra il fatto iniziale e scatenante, costituito dall'investimento del cane, e la condotta omicida dell'imputato». La «natura violenta dell'aggressione» - riferita anche da testimoni al pestaggio - esclude l'omicidio preterintenzionale che «è configurabile unicamente» se «può ritentersi esclusa in capo all'agente ogni forma di volizione ... e di accettazione del rischio di verificazione dell'evento mortale».

La Cassazione ha quindi concluso per il rigetto del ricorso e la condanna di Ciavarella al pagamento delle spese processuali.

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