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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2013 alle ore 14:14.

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La Marina Militare cerca di "restare a galla" nonostante i tagli a organici, naviglio e bilancio e sta mettendo a punto un ambizioso programma di nuove costruzioni per ora prive di finanziamento. La riforma dello strumento militare varata l'anno scorso dal ministro Giampaolo Di Paola prevede la radiazione di una trentina di unità tra fregate, pattugliatori, corvette e cacciamine e con gli stanziamenti attualmente previsti i rimpiazzi saranno esigui. Delle 10 nuove fregate multimissione Fremm in programma ne sono state finanziate finora solo 6 e il sottosegretario alla Difesa, Roberta Pinotti, ha detto nei giorni scorsi che per altre due verranno stanziati tra sei mesi 749 milioni di euro del Ministero per lo sviluppo economico.

Il Capo di stato maggiore della Marina, l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ha annunciato al periodico specializzato statunitense Defense News un piano per realizzare nei prossimi anni 14 nuove navi, due da rifornimento e appoggio sottomarini e 12 grandi pattugliatori "dual use", impiegabili cioè anche in operazioni di tipo civile quali interventi di soccorso a popolazioni colpite da calamità naturali o di sicurezza/scorta a mercantili e piattaforme off-shore per l'estrazione di gas e petrolio anche in mari lontani. Una classe di navi da circa 4 mila tonnellate con un equipaggio di 90 marinai, dotate di due cannoni e uno o due elicotteri più armamento missilistico e dotazioni "modulari", cioè rapidamente modificabili a seconda delle esigenze della missione. Le caratteristiche delle nuove unità navali, che De Giorgi ha definito "Fremm semplificate", ricordano per concezione e flessibilità d'impiego le Littoral Combat Ship statunitensi realizzate anche da Fincantieri che le costruisce nei cantieri di Marinette (Wisconsin) rilevati dall'azienda italiana per acquisire le commesse dell'Us Navy.

De Giorgi ha detto che lo sviluppo delle nuove navi è solo alle fasi iniziali ma la Marina ha già approvato in via preliminare la realizzazione di una prima serie di sei esemplari . Il costo dovrebbe aggirarsi intorno ai 300 milioni di euro per ogni nave, quasi un centinaio di milioni in meno rispetto alle più impegnative Fremm, anche se al momento è difficile immaginare dove possano essere reperiti i fondi necessari. Il riferimento al "dual use" sembra sottintendere che la Marina punta a poter disporre anche di fondi provenienti dal dipartimento della Protezione civile (che in passatoi ha finanziato la realizzazione della nave da sbarco San Marco) o del Ministero dei Trasporti e Navigazione, che alla fine degli anni '80 finanziò i 4 pattugliatori classe Cassiopea capaci di ripulire tratti di mare inquinati da petrolio.

In ogni caso l'intero programma di 12 pattugliatori più le due navi appoggio avrà costi complessivi non inferiori ai 4 miliardi di euro nell'arco di almeno 6/8 anni che dovranno essere sostenuti da finanziamenti ad hoc. Cifre che richiederanno un dibattito politico che oggi più che mai è diventato incandescente quando si tratta di spese militari. A questo proposito De Giorgi ha sottolineato in più occasioni il ritorno in termini tecnologici, di export e di posti di lavoro determinato dalle costruzioni navali che secondo un recente studio di Srm (Studi e ricerche del Mezzogiorno), Banca d'Italia e Assoporti generano 249 euro di ricadute per 100 euro investiti. Valutazione che pare in sintonia con quella del ministro della Difesa, Mario Mauro, che il 15 maggio ha definito in Parlamento gli investimenti nel settore militare utili "al rilancio dell'economia nazionale, stimolando la domanda interna, generando un indotto occupazionale, sviluppando il know-how per le nostre industrie".

Le ristrettezze del bilancio Difesa renderanno quindi inevitabile il ricorso a nuovi fondi del Ministero dello sviluppo economico (che già finanzia molti programmi militari non solo navali) o ad una nuova "Legge navale" come quella che a metà degli anni '70 stanziò mille miliardi di lire per il rinnovamento dei mezzi della Marina Militare. Promotore di quella legge (corsi e ricorsi storici) fu l'ammiraglio Gino De Giorgi, alla testa della Marina dal 1973 al 1977 e padre dell'attuale capo di stato maggiore.

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