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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2013 alle ore 15:28.

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Un momento della cerimonia di beatificazione di don Giuseppe Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso da killer mafiosi il 15 settembre 1993, al Foro Italico di Palermo (Ansa)Un momento della cerimonia di beatificazione di don Giuseppe Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso da killer mafiosi il 15 settembre 1993, al Foro Italico di Palermo (Ansa)

Don Pino Puglisi è stato proclamato beato. L'elevazione agli onori degli altari del parroco di Brancaccio ucciso da Cosa nostra il 15 settembre 1993 è stata comunicata dal cardinale Salvatore De Giorgi, delegato da Papa Francesco, arcivescovo emerito di Palermo, che il 15 settembre 1999 diede avvio al suo processo di beatificazione. A presiedere la celebrazione di stamane l'arcivescovo della diocesi palermitana, il cardinale Paolo Romeo. Don Giuseppe, o meglio padre Pino Puglisi, ricorda Radio Vaticana, è stato un sacerdote diocesano noto per il suo impegno di contrasto alla criminalità organizzata, in particolare occupandosi della formazione di bambini e ragazzi di strada per i quali fondò il "Centro Padre Nostro".
Il decreto di beatificazione di padre Puglisi per martirio «in odio alla fede« é stato promulgato da papa Benedetto XVI il 28 giugno 2012.

Al Foro Italico di Palermo oltre 80mila persone
«Avevo 15 anni quando ho conosciuto padre Puglisi. Mi ha colpito la sua onestà limpida, il suo perenne sorriso, ma anche il silenzio assordante delle istituzioni quando denunciava i problemi del quartiere». È il ricordo di Mimmo De Lisi, 36 anni, assistente sociale del centro "Padre nostro", presente insieme a circa 100mila persone al Foro italico di Palermo per la beatificazione di Padre Pino Puglisi, il sacerdote di Brancaccio che sorrise anche di fronte ai killer della mafia che lo uccisero nel 1993.

«Ricordo anche il viaggio organizzato insieme ad altri ragazzi di Brancaccio ad Agrigento per ascoltare l'anatema contro la mafia di Papa Wojtyla - continua De Lisi - padre Puglisi ci teneva tantissimo, sentiva che da quella tappa qualcosa doveva cambiare per sempre nei rapporti tra chiesa e mafia».

Sul Prato del Foro italico c'è un clima di festa serena, tantissime le famiglie presenti, centinaia i volontari provenienti da tutta Italia, scout e associazioni di quartiere. «Non potevo mancare, vivo da 33 anni a Palermo, ma sono di origine mauriziana», spiega Roseline Ber. «Padre Puglisi ha dato a tutto il Paese un esempio di tenacia, bontà e carità contro la mafia».
«Padre Puglisi mi aveva fatto venire voglia di andare in Chiesa, al contrario di altri sacerdoti», ricorda Maria Butera, 53 anni, che ha conosciuto il beato quando era sacerdote a Godrano, il comune in provincia di Palermo dove fu parroco dal 1970 al '78. «Non stava mai chiuso in casa - ricorda - aveva il pallino dell'educatore, è riuscito a modificare le abitudini di un paese che era composto da tanti evangelisti, era diviso dalle faide mafiose e con lui, invece, si era aperto ai ragazzi, sottraendoli alla strada».

Poco distanti siedono due signore di Marineo, Concetta Lo Pinto e Giuseppa Garofalo: «siamo qui per raccogliere la testimonianza di fede di don Puglisi; ora nel nostro paese c'è un oratorio per i giovani intitolato a lui, proprio come voleva». C'è chi, pur non avendolo conosciuto, ha gli occhi lucidi ed è senza voce al Foro italico, ma conserva la passione di un impegno continuo: «Sono arrivata al centro di accoglienza Padre Puglisi nel 1999 per fare volontariato - racconta Maria Pia Avara, 40 anni - doveva essere un'esperienza breve, sono rimasta lì per 14 anni perché mi sono innamorata del quartiere e del segno impresso da "3P": una presenza concreta, una testimonianza di fede dove finalmente le parole trovavano coincidenza nelle azioni».

E poi ci sono tantissimi ragazzi che quando Don Pino era a Palermo non erano ancora nati, come Sonia La Mattina e Luca Capuana, 19 anni: «Cosa ci ha colpito del sacerdote di Brancaccio? La sua forza nei confronti dei prepotenti, nonostante fosse solo».

Pietro Grasso: Don Puglisi toglieva aria alla mafia, per questo è morto
«Uno dei miracoli di Padre Pino Puglisi è stato quello con il suo sorriso di fare convertire due dei feroci killer che hanno dato un contributo per l'accertamento della verità e della giustizia, anche recentemente facendo riaprire le indagini, come quella sulla strage di via d'Amelio». Lo ha detto a Palermo il presidente del Senato, Pietro Grasso a margine del rito di beatificazione di Don Puglisi. «La conversione sincera di Spatuzza e Grigoli - ha aggiunto - ha contribuito all'accertamento della verità».

«Don Puglisi - ha detto ancora Grasso - è morto per volere essere un punto di riferimento che toglieva l'aria e il territorio ai mafiosi, accogliendo i ragazzi al Centro Padre nostro ed organizzando iniziative dei cittadini di Brancaccio contro la mafia e la droga. Una situazione che non faceva più sentire al sicuro i latitanti nel quartiere. Il suo omicidio come quello del piccolo Di Marteo sono fatti per i quali la mafia ha pagato e pagani termini di consenso tra la gente».

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