Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2013 alle ore 10:11.

My24
John Kerry (Epa)John Kerry (Epa)

Se il prossimo mese ci sarà una trattativa di pace. John Kerry ricorda che «il processo economico è solo parte della risposta, non sostituisce quello politico che è la nostra priorità. Non è possibile uscire dal contesto della soluzione dei due Stati: uno israeliano e uno palestinese».

Ieri al World Economic Forum c'erano Kerry, il presidente palestinese Abu Mazen, il re giordano Abdullah e il presidente d'Israele Shimon Peres che fra tre mesi compirà 90 anni, vecchio combattente del processo di pace ma privo del potere esecutivo. Come per dimostrare che oltre l'entusiasmo dei 300 imprenditori e l'applicazione del World Economic Forum la questione resta intratabile, mancava un protagonista fondamentale: Bibi Netanyahu. È l'osso più duro per arrivare alla soluzione dei due Stati.

Il processo di pace è ormai fermo da due anni. Abu Mazen si rifiuta di tornare al negoziato fino a che Israele non congela l'allargamento degli insediamenti nei Territori occupati. Netanyahu non pone condizioni ma non ha ancora chiarito di volere uno Stato palestinese: molti ministri del suo Governo sono dichiaratamente contrari.
In questi due mesi di colloqui Kerry ha costruito una proposta per tornare al negoziato. I palestinesi accettano di riprenderlo incondizionatamente; senza dichiararlo, gli israeliani riconoscono implicitamente la necessità di fermare l'allargamento delle colonie. Su questa base il negoziato riprende su due capitoli: la definizione dei confini dei due Stati sulla base (solo come punto di riferimento) di quelli precedenti alla guerra del 1967, accettando scambi territoriali; e le garanzie per la sicurezza di Israele. Abu Mazen teme che l'obiettivo di Netanyahu, implicitamente sostenuto dagli Usa, sia un accordo per uno Stato palestinese e confini provvisori. «Io non parlo di frontiere temporanee ma di accordo definitivo di pace. Il presidente Obama è direttamente impegnato nella soluzione del conflitto», chiarisce con forza John Kerry.

In questi giorni il segretario di Stato torna a Washington. A israeliani e palestinesi lascia due settimane di tempo per accettare o respingere la sua proposta. «Se questo esperimento fallisce, che cosa resterà come alternativa? vogliamo vivere con un'Intifada permanente?». Nel mondo sono molti i leaders politici inadeguati ai problemi che dovrebbero risolvere. Il Medio Oriente non è un'eccezione. Bibi Netanyahu continua a tacere. E ieri sera al World Economic Furum Abu Mazen ha parlato a lungo delle rivendicazioni palestinesi senza dire quello che contava davvero: «Torno al negoziato». Se fra due settimane l'ostinazione continuerà a prevalere sul realismo, Yossi Vardi e il suo amico Munib al Masri resteranno soli con la loro determinazione.

Shopping24

Dai nostri archivi