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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2013 alle ore 20:02.

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Nella Lega la batosta elettorale pesa. Anche se sono in pochi ad ammetterlo apertis verbis. Lo ha fatto Matteo Salvini sottolienando di non voler ripetere gli errori di Grillo, il quale «dice che è colpa di chi vota. La colpa - per il segretario lombardo del Carroccio - è evidentemente nostra, che non ci spieghiamo abbastanza bene». Salvini resta comunque «ottimista», perché «arriveranno risposte concrete» dalla Regione Lombardia. Chi punta il dito contro Roberto Maroni è invece Umberto Bossi: «Deve fare un passo indietro», tuona il Senatur. Perché «abbiamo dato l'immagine di una Lega divisa. Quando c'ero io si era tutti uniti». E adesso, prosegue Bossi, il segretario federale «non deve espellere più nessuno».

Bobo Maroni risponde su Twitter che «la nuova battaglia della Lega per liberare il Nord é appena iniziata. Ne vedremo delle belle. Riprenderemo presto la fiducia degli astenuti». E annuncia che per «Equitalia fuori dalla lombardia, siamo quasi pronti. I soldi nostri devono rimanere a casa nostra». L'idea del Governatore lombardo è quella di sostituire Equitalia entro l'anno con un ente di riscossione regionale, considerato più sensibile ai problemi dei cittadini. Brucia nella Lega il risultato di Vicenza dove Manuela Dal Lago (27,4%) non è nemmeno arrivata al ballottaggio con il sindaco uscente, Achille Variati, riconfermato al primo turno con il 53% delle preferenze. Non è andato bene nemmeno a Treviso, dove la Lega domina da vent'anni ormai, con Giancarlo Gentilini fermo al 34,8% contro Giovanni Manildo (42,6%) del centrosinistra. A Treviso però il Carroccio (assieme al Pdl) conta nel recupero, anche perché Massimo Zanetti, l'imprenditore del caffè che al primo turno ha ottenuto il 10,6% dei voti, sarebbe sempre più vicino a sciogliere la riserva e appoggiare il candidato leghista.

Maroni in campagna elettorale in Veneto non si è fatto vedere, ma ora, ha annunciato, sarà a Treviso la prossima settimana, «a sostenere il mitico Gentilini». Venerdì si riunisce il consiglio federale in via Bellerio, occasione per analizzare il voto e fare il punto dopo il risultato deludente delle amministrative. Il segretario del Veneto, Flavio Tosi, non si è certo nascosto dietro un dito, ammettendo che l'esito delle comunali «è un disastro» e ribadendo che, a questo opunto, la strada è quella delle liste civiche. Quella della Lega oltre che di numeri ha tutta l'aria di una crisi di identità. E Treviso resta il terreno di gioco più simbolico. La città è tradizionalemte di centrodestra e solo nell'immediato dopoguerra ha avuto come sindaco un uomo del Pci, Pietro Dal Pozzo. Poi è stata governata da amministratori democristiani, fino al 1994 quando ha avuto la meglio il partito di Bossi, fino alla legislatura del sindaco uscente, Gian Paolo Gobbo. Qui la Lega ha toccato punte elettorali del 48,5%, nelle regionali 2010, prima della caduta verticale.

Flavio Tosi, segretario veneto della Lega, ha ammesso: le elezioni di Treviso sono «sicuramente le più importanti per la Lega, anche per ciò che la città rappresenta simbolicamente per il movimento». Gentilini, già sindaco (lo «sceriffo») per due mandati e poi vice di Gobbo non le ha mandate a dire al centrodestra per il risultato che considera deludente. «Sarà colpa di Berlusconi e di Bossi se la città va ai comunisti», «si sono persi in faccende personali: donne, processi, soldi della Lega finiti ai familiari. Ma al governo non hanno combinato niente, e i cittadini si sono sentiti traditi».

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