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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2013 alle ore 11:22.

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Lasciamolo morire in paceLasciamolo morire in paceLasciamolo morire in paceLasciamolo morire in paceLasciamolo morire in paceLasciamolo morire in pace

"Condizioni serie ma stabili", dice l'unico bollettino medico ufficiale, diffuso dall'ospedale di Pretoria. "Estremamente fragile", aggiungono i bollettini informali. E' del tutto normale che lo sguardo di un uomo di 94 anni alla fine della sua vita, sia ormai fragile come il volo di una farfalla.

Ma non Nelson Mandela. Madiba, (il nome della sua origine familiare, che si usa per dimostrare rispetto e affetto) non può finire lentamente come tutti gli altri. Non può essere mostrato, come le ultime immagini girate un mese fa lo esibiscono, quasi senza più capacità d'intendere e di volere; con lo sguardo inespressivo, la moglie Gracha Machel che si avvicina alle sue orecchie per farsi sentire, che gli pulisce la bocca con un tovagliolo.

Non Madiba Mandela. Non lui. Più di ogni altro mortale merita di essere esonerato da questa violenza mediatica, da una specie di sala di rianimazione online. Lo merita perché lui, da vivo, quando era capace d'intendere e di volere, ha fatto cose che nessun altro avrebbe avuto il coraggio di fare. Per i principi ai quali credeva, e che erano principi universali, ha sacrificato la vita passando 27 anni in prigione. E quando ne è uscito, per quei principi ha perdonato i carcerieri invitandoli a governare con lui il nuovo Sudafrica.
Ha salvato il Sudafrica e forse l'Africa, potrebbe dire chi non sente la necessità di dovere riconoscenza a Nelson Mandela. Varrebbe la pena ricordare cosa ancora succede negli stadi italiani o cosa dicono ancora importanti esponenti della Lega che ci rappresentano nel Parlamento europeo, alla guida di regioni e nei consigli municipali.
I valori ai quali Mandela ha offerto la sua vita, non riguardano solo il Sudafrica, l'Africa e il nostro razzismo verso i neri, ora che li abbiamo come vicini di casa. Riguardano la nostra stessa vita come individui e soggetti pubblici, quanto siamo capaci di diventare esseri umani, cosa insegniamo ai nostri figli.

Per questo, più di ogni altro individuo alla fine della sua vita, Madiba merita di essere lasciato morire in pace, con se stesso, nella preziosa solitudine che non gli era stata più concessa da quando aveva lasciato le colline del Transkei dove era nato, per affrontare il suo destino. Perché questo è il finale e nient'altro. Possiamo solo prepararci alla sua morte, a vivere senza quell'uomo che ci lascia un'eredità essenziale. Se saremo capaci di coglierla.

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