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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2013 alle ore 08:23.

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SANTA MARGHERITA. Dal nostro inviato
Un messaggio al governo: «si è trovato davanti ad una montagna di problemi, sta facendo un inventario delle risorse. Diamogli il tempo di lavorare: è l'unico possibile, noi continueremo a tallonarlo. Ma bisogna fare presto». Anche perchè «non avere la crescita e opportunità di lavoro comporta il rischio di una tenuta sociale del paese». Giorgio Squinzi parla al convegno dei Giovani imprenditori, a Santa Margherita. Jacopo Morelli, nella sua relazione e ancora nelle conclusioni di ieri, ha ipotizzato un «rischio rivolta» senza risposte adeguate su sviluppo e occupazione. «Dobbiamo mettercela tutta per evitare che questo succeda, nelle piazze scenderanno coloro che non hanno lavoro e che non vedono opportunità per il futuro». Ecco perchè il governo deve fare presto e Confindustria sta facendo sentire la sua voce: «Abbiamo già dato qualche segnale, le prime decisioni sono state prese appropriandosi di fondi che non era giusto toccare».
Piuttosto, occorre dare risposte alla mancanza di liquidità delle imprese. Il presidente di Confindustria ha sottolineato i 50 miliardi in meno di affidamenti negli ultimi 18 mesi. Poco prima l'ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, aveva parlato di minore domanda da parte delle imprese. «Investiamo di meno, ma abbiamo perso il 25% di produzione, il 15% di capacità produttiva». Con l'Abi, ha detto Squinzi, c'è un dialogo «costruttivo, le banche hanno problemi drammatici, con Basilea 3, gli Stati Uniti non lo applicheranno». Per questo è essenziale che lo Stato metta mano ai pagamenti della Pa.
Il decreto è uno dei punti che Squinzi ha elencato come risultati del primo anno di presidenza di Confindustria, ottenuto, ha ricordato, grazie all'appoggio del presidente della Repubblica: «in Parlamento sono stati introdotte complessità che non permettono un pagamento rapido, ci sono 40 miliardi a fronte di 100 miliardi di debiti, non è assolutamente soddisfacente, comunque è un primo passo». Oltre a questo, ha elencato il documento di gennaio sulla crescita del paese, la Commissione Pesenti per una Confindustria «più adeguata ai tempi e più efficiente», nomine interne di quarantenni, compreso il direttore generale, gli accordi sulla produttività e sulla rappresentanza. Alla domanda se la Fiat con l'intesa sarebbe rimasta in Confindustria, Squinzi ha risposto: «la rappresentanza sarebbe stata regolamentata, non si sarebbero determinate le condizioni per cui si è arrivati allo scontro», riferendosi implicitamente al sindacato.
E all'osservazione del Governatore di Bankitalia e di Dario Scannapieco, Bei, sulle imprese che non investono a sufficienza in innovazione, la replica è stata netta: «Mi sono lasciato convincere a fare il presidente perché voglio rappresentare le imprese che ce la mettono tutta per produrre. Nel nostro documento siamo disposti a rinunciare agli incentivi, 2,8 miliardi circa, se si fa ciò che serve alla crescita. Le aziende investono in innovazione, anche se non emerge».

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