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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2013 alle ore 23:30.
L'ultima modifica è del 11 giugno 2013 alle ore 17:41.

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Grecia, per la tv pubblica fine delle trasmissioni: licenziati in 2.800

La crisi greca non risparmia nessuno. Il governo greco di Antonis Samaras, come annunciato nel pomeriggio, ha sospeso a mezzanotte le trasmissioni della tv e della radio pubblica, la Ert, la Rai greca. I canali sono stati oscurati e il ripetitore principale situato su una montagna vicino ad Atene, è stato neutralizzato dalla polizia, secondo quanto riferito da fonti sindacali. Il portavoce del governo Simos Kledikoglu, ha spiegato che la Ert sarà sostituita «da una struttura moderna ma non di proprietà dello Stato», che opererà con personale ridotto mentre ha assicurato che il personale Ert sarà compensato con delle indennità.

«È illegale. Il governo ha chiuso la principale emittente del paese», una mossa più «simile a un governo tipo Ceausescu che a una democrazia», ha protestato il leader del maggior sindacato greco dei dipendenti televisivi, Panayotis Kalfayanis.

La clamorosa decisione - saranno licenziati i 2.800 dipendenti, in serata si sono registrate proteste davanti alla sede - rientra nell'ambito del programma delle privatizzazioni delle aziende a partecipazione statale concordato con la troika (Ue-Bce-Fmi), che spinge senza successo da mesi per la messa sul mercato dei beni pubblici ellenici. Kedikoglou ha spiegato che «in un momento in cui al popolo greco vengono imposti sacrifici non ci possono essere entità intoccabili che possono restare intatte quando si applicano tagli ovunque».

E la Ert è un caso particolare di «sacche di opacità e incredibile spreco di denaro pubblico». Costa 300 milioni di euro all'anno, «da tre a sette volte le altre tv e ha da quattro a sei volte il personale di altre strutture con ascolti ridotti. Per questo il governo ha deciso di chiuderla». I dipendenti della Ert si sono riuniti in assemblea e hanno dichiarato di essere in autogestione. Inoltre hanno fatto sapere che continueranno le trasmissioni dopo la mezzanotte.

Le forze dell'opposizione vicine a Syriza, sono insorte accusando il Governo di aver eliminato l'ultima voce pubblica rispetto ai privati, che in Grecia in passato sono stati accusati di essere entrati nel campo dei media solo per difendere i loro interessi. La scarsa autorevolezza dell'informazione greca è stata spesso ritenuta uno delle concause della crisi economica.

Alexis Papachelas, direttore del principale giornale conservatore, Kathimerini, aveva dichiarato al Sole 24 Ore nel dicembre 2012 che la bassa qualità dei media greci, in particolare dei talk show televisivi, dove tutti gridano e nessuno spiega o ragiona, era stato una delle cause che aveva favorito l'occultamento delle crisi economica così a lungo.

La mossa del governo non è nuova: l'esecutivo greco in precedenza aveva deciso di licenziare 15mila statali su indicazione della troika. La crisi ha comunque colpito molto duramente le famiglie che si sono viste tagliare salari e pensioni: molti hanno deciso di tornare nelle isole perché non avevano nemmeno i soldi per pagare l'affitto ad Atene, dove vive la metà della intera popolazione.

Senza contare i duri cambiamenti avvenuti nella vita quotidiana delle famiglie greche che hanno dovuto imparare a vivere con poche risorse come racconta la storia di Demetrios, che con tre mutui e mille euro al mese deve pensare con sua moglie al futuro dei suoi due figli.

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