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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2013 alle ore 19:10.

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Serve ancora la versione di latino? Probabilmente è meglio non chiederlo ai diretti interessati, gli studenti che devono affrontarla domani per la maturità classica o che si cimentano durante l'anno nei compiti in classe su Cicerone, Seneca e Livio. A occhio, a giudicare cioè da aneddoti e battute, è lecito pensare che nessuna parte del percorso scolastico lasci in così tanti un ricordo tanto spiacevole: e questo è un vero peccato.

La traduzione infatti, serve, eccome. Intanto, è ovvio, lo studio di una lingua, morta o viva che sia poco importa, ha come scopo fondamentale quello di comprendere testi che in quella lingua sono scritti o parole che in essa sono pronunciate. Tradurre, a mente o su carta, è quindi l'atto fondante di quella conoscenza. La traduzione dal latino, e dal greco, ha però caratteristiche sue proprie: non è finalizzata alla comunicazione diretta, interpersonale; non sollecita all'acquisizione di una capacità espressiva autonoma, mimetica, specie ora che la traduzione dall'italiano è pressoché scomparsa. Queste specificità sono però la forza e il pregio della traduzione. In nessun altro caso si esorta a scavare con altrettanta meticolosità nei meandri di un testo, di coglierne le articolazioni sintattiche e le sfumature espressive, di soppesare la cifra stilistica di questa o quella parola. È un esercizio "lento" per natura: affrettarsi non serve a nulla, perché non ne va di mezzo l'immediatezza di un dialogo o la necessità di sopperire a esigenze pratiche.

Forse basterebbero da sole queste peculiarità fuori moda della traduzione per raccomandarla come antidoto alla fretta e alla superficialità. Ma un libro recente curato da Luciano Canfora e Ugo Cardinale (Disegnare il futuro con intelligenza antica. L'insegnamento del latino e del greco antico in Italia e nel mondo, il Mulino 2012) offre spunti di riflessione molto più stimolanti. Sia Canfora sia uno studioso di formazione ed interessi molto diversi, Dario Antiseri, rivendicano per esempio il valore epistemologico dell'esercizio di traduzione, un esercizio che impegna a quella dialettica tra ipotesi e verifica, o tra intuizione e ricostruzione, che sono alla base del metodo scientifico moderno. Leggendo, anche ad una lettura preliminare e superficiale, si formano ipotesi di interpretazione che vanno messe alla prova delle conoscenze grammaticali, sintattiche e semantiche. L'ipotesi potrebbe rivelarsi insoddisfacente, e andrebbe quindi abbandonata e riformulata, oppure reggere alla verifica e raccomandarsi quindi come un punto fermo nel processo di comprensione. Non diverso, sappiamo, è il metodo dello scienziato, per quanto diversi possano essere i suoi strumenti.
Troppo facile, però, limitarsi a criticare con chi critica la traduzione. Per prima cosa non è chiaro se e quanto agli studenti si spieghi mai esplicitamente il valore dell'esercizio che sono chiamati ad affrontare, e che trascende di gran lunga la semplice finalità di accertarsi se abbiano imparato adeguatamente regole e vocabolario. E poi, la traduzione resta spesso soffusa di un'aura inutilmente arcaica, quasi irreale, creata dall'uso di quello che Federico Condello ha felicemente chiamato "traduttese". Un italiano sui generis, fuori dal tempo, paludato, in cui "ragazzi" e "ragazze" sono quasi sempre "fanciulli" e "fanciulle", dove i guerrieri sono "valenti" e verbi come "giovare" o "dolersi" compaiono con una frequenza impensabile nell'italiano scritto degli ultimi decenni. Un odore di naftalina, insomma, che finisce per oscurare un serio discorso sull'ermeneutica e sulla letteratura.
"Le lettere latine non sono studiate né amate dai giovani e, in quanto a cognizioni di latino, si ha un notevole regresso da venticinque anni a questa parte". Parole sicuramente ancora vere, ma datate 1867. Il senso del declino, come si vede, non è nuovo. Oggi, però, possiamo ripensare l'utilità di materie e pratiche che si vogliono a tutti i costi in disarmo in termini nuovi, e ribaltare assiomi che sembravano scolpiti nella pietra: la traduzione, volendolo, può diventare il più moderno (e utile) degli esercizi.

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