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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2013 alle ore 17:52.

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Viaggio in Islanda, nazione senza esercito. Ora l'isola è protetta dagli aviatori italiani

«Per noi è un'ottima opportunità», spiega il generale di Squadra aerea Gabriele Salvestroni, il comandante di tutti gli stormi da combattimento italiani, dentro il bunker nel quale viene messo in sicurezza un Eurofighter che ha appena terminato la missione. «È più o meno lo stesso lavoro che facciamo anche a casa ma qui, oltre ad addestrarci, offriamo un servizio a un alleato».

È una questione di utilità e anche di costi. Alla Nato lo chiamano pooling and sharing. Detto nella lingua dell'Alleanza al tempo della grande crisi: ognuno mette quello che può e, insieme, si dividono i compiti.

«Per noi – dice ancora il generale Salvestroni – significa continuare ad addestrarci a basso costo, grazie al contributo della Nato per il servizio che svolgiamo all'Islanda. A parte la diaria al personale e le spese accessorie, per noi è un risparmio».

Sembra una quadratura del cerchio. Perché dunque non è stato fatto prima? Perché "Cieli Ghiacciati" è la prima missione italiana in sei anni di rotazione Nato in Islanda? Nella questione è implicito il caso degli F35, mentre nella battaglia sulla spending review si scontrano favorevoli e contrari al nuovo aereo da combattimento. «Potevamo venire qui in Islanda a fare "Cieli Ghiacciati" con i vecchi F104? Li abbiamo avuti fino al 2005. Non potevamo garantire il servizio necessario con una macchina che non era più in grado di essere operativa».

Senza il mezzo necessario non si può operare e collaborare ai compiti richiesti dall'Alleanza atlantica. Del resto «sarebbe inutile avere i mezzi se non si integrano in un ambiente comune», conclude Gabriele Salvestroni. Dunque: i nuovi aerei per restare dignitosamente nella Nato; e la Nato per fare squadra e ridurre i costi. Potrebbe portare a una soluzione.

Nell'attesa i sei Eurofighter, costruiti in collaborazione da imprese pubbliche e private italiane, tedesche, inglesi e spagnole, volano nei cieli per ora non tanto ghiacciati dell'Islanda. Al momento l'Aeronautica italiana ne ha 70 operativi, saranno 96 al termine delle consegne.

Due "macchine" – anche se la definizione professionale sembra riduttiva, guardando questi fantastici siluri volanti – si affiancano al C130 che sta portando dall'Italia il nuovo cambio dei piloti. Il cielo islandese nel solstizio estivo è glutinoso e accecante per 24 ore al giorno. È uno spettacolo volare accanto agli Eurofighters. Sulla coda c'è il cavallino rampante in campo nero del 4° stormo di Grosseto. Lo aveva creato Francesco Baracca, disegnandolo sulla fusoliera del suo aereo da combattimento. Nel 1923 la madre dell'asso romagnolo regalò il cavallino rampante a Enzo Ferrari. L'uso che ne è stato fatto è storia.

Tutti gli strumenti da combattimento, soprattutto gli aerei, sono di una bellezza estetica perversa. Non bisogna farsi abbagliare come da una sirena ma capire se servono o no. Se il modo in cui la geopolitica sta cambiando ci permette di farne a meno e risparmiare; oppure se quelle "macchine" servono ancora alla difesa nazionale e a quella della comunità internazionale della quale siamo parte. Anche se si parla di arnesi da guerra, un dibattito anziché uno scontro ideologico sarebbe più utile per capire.

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