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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2013 alle ore 06:45.

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Evidentemente hanno avuto il consenso dei rappresentanti della piazza, dopo aver spiegato il vero programma di questo golpe, la «road-map per l'immediato futuro». Il potere dovrebbe passare a un governo provvisorio di unità nazionale, forse con Mohammed el-Baradei alla guida; la nuova Costituzione scritta dai Fratelli musulmani e confermata da un referendum viene sospesa; dell'ordine pubblico se ne occuperà l'esercito; presto verranno convocate nuove elezioni e si stilerà una nuova legge fondamentale. Cooptando l'Islam politico o escludendolo, commettendo lo stesso errore di Morsi con gli avversari.
In piazza Tahrir si è comunque fatto festa fino a notte e oltre, come se fosse la prima volta che nella piazza diventata ormai totem si celebrava la libertà conquistata. Gli unici botti erano quelli gioiosi dei mortaretti delle opposizioni: quelli che non erano stati sparati poco più di un anno fa, dalla stessa piazza, per festeggiare la cacciata dei militari.
A una quindicina di chilometri di distanza, nel quartiere di Nasr City, altre migliaia di manifestanti ascoltavano in silenzio le notizie. Erano venuti per sostenere Morsi e celebrare la "legittimità" del suo potere. Dai grandi schermi sulla piazza hanno invece assistito alla telecronaca di un colpo di Stato. A Marsa Matrouh si sono contate 4 vittime in scontri tra i sostenitori di Morsi e le forze di sicurezza. Nessuno sa esattamente dove sia ora il presidente deposto. Forse è ancora nel palazzo presidenziale di Heliopolis, circondato da giorni dai mezzi blindati dell'esercito. I militari hanno elevato barricate ancora più alte, e aggiunto altro filo spinato, come per impedire che i suoi sostenitori lo prendano d'assalto nel tentativo di liberare il loro presidente.
Anche la grande piazza di Nasr City è stata circondata dai mezzi militari. Si racconta di primi scontri fra i militanti della fratellanza, che non sarebbero disarmati, e l'esercito. E non si hanno notizie dal resto dell'Egitto: da Alessandria e Port Said, dove da mesi si registrano i peggiori incidenti del Paese; nell'Alto Nilo dove il consenso per l'Islam politico è quasi plebiscitario. Prendere il controllo dei centri nevralgici del Cairo e mettere in sicurezza il Canale di Suez, il grande asset strategico ed economico del Paese, sono state la parte più facile dell'operazione di al-Sisi. Da questa notte e nei prossimi giorni si capirà se l'invocazione alla Jihad dei sostenitori di Morsi nella piazza del Cairo e altrove era un annuncio o solo una disperata protesta. Ieri sera i botti di piazza Tahrir erano a salve, i prossimi potrebbero non esserlo più.
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Nuove tensioni sul petrolio

LE RADICI ECONOMICHE DELLA PROTESTA
Le rivendicazioni dei Tamarud
Tamarud, il nome del movimento di protesta che ha acceso la rivolta contro il regime dei Fratelli musulmani, significa appunto "ribelle" in lingua araba. E 22 milioni sono le firme raccolte sotto una petizione in cui si denuncia il fatto che dalla rivoluzione del 2011 che ha rovesciato Hosni Mubarak in Egitto non è stata riportata sicurezza; si afferma che i poveri non hanno alcun posto nella società, che il Governo è costretto a mendicare il sostegno del Fondo monetario internazionale per tenere in piedi le finanze pubbliche; che non c'è stata giustizia per gli egiziani uccisi durante le proteste, che l'economia è al collasso e che l'Egitto è stato privato della sua dignità
La mancanza di lavoro
Anche prima della rivoluzione del 2011 la disoccupazione in Egitto era al 10% della forza lavoro, al 25% per i giovani. Una situazione di precarietà sociale aggravata poi dalle incertezze politiche, dal crollo del turismo, dal ritiro degli investitori
Gli errori di Morsi
Uno dei primi errori del nuovo Governo islamico, secondo gli esperti, è stata la regolarizzazione degli impieghi statali temporanei, una misura che ha pesato molto sulle finanze pubbliche. I sussidi del Governo sui consumi di energia, inoltre, sono pari all'8% del Pil
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