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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2013 alle ore 18:55.
Una scommessa davvero sbagliata, quella che ha fatto Hugo Chavez negli ultimi anni di vita. L'ex presidente venezuelano, scomparso per un cancro il 5 marzo scorso, tra i suoi chiodi fissi ne aveva uno destinato a costar caro al suo Paese: liberarsi dalla «dittatura del dollaro». Il Comandante aveva così imposto alla Banca centrale venezuelana di sbarazzarsi dei biglietti verdi e di acquistare in cambio montagne di lingotti aurei. In questo modo, alla fine del 2012 il Paese sudamericano si è ritrovato con più del 70% delle riserve monetarie in oro, la più alta percentuale tra i Paesi emergenti, pari a oltre 50 volte la quantità detenuta dai suoi vicini Brasile e Colombia.
Peccato che il timing, il momento dell'entrata sul mercato, si sia rivelato il peggiore possibile. Dopo un rally di circa il 400% in un decennio, l'oro è infatti crollato proprio quando la Banca centrale venezuelana aveva finito di accumularlo, perdendo il 25% da inizio anno. Un'operazione, purtroppo per Caracas, degna di Fantozzi. Risultato: il controvalore delle riserve venezuelane è crollato da 30 a 25 miliardi di dollari, mettendo seriamente a repentaglio la capacità di ripagare le obbligazioni di Stato in scadenza. La controprova delle tensioni? I credit default swaps, le "assicurazioni" contro il fallimento dello Stato, sono balzati di 377 basis point a quota 1.024. Mentre la carenza di riserve in dollari, tra gli altri effetti devastanti, sta contribuendo all'impennata dell'inflazione, arrivata in maggio a un impressionante 35,2% (dal 20,6% dello scorso anno). Davvero un boccone amaro, l'ultimo regalo del Comandante.
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