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Questo articolo è stato pubblicato il 09 luglio 2013 alle ore 06:41.

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IL CAIRO. Dal nostro inviato
Un massacro premeditato o un atto in difesa della patria. Non ci sono altre verità intermedie. L'Egitto diviso in barricate e piazze mobilitate, non ne prevede mai. Nemmeno per il peggiore dei massacri da quando due anni e mezzo fa, è iniziata la sua Primavera: definizione forse scorretta ma almeno più neutrale di rivoluzione civile, rivolta islamica o colpo di stato. Anche in questo i protagonisti differiscono radicalmente: è ormai un'«intifada» per i Fratelli musulmani e una «missione nazionale» per i militari e i loro sostenitori.
È difficile anche provare a incominciare dagli elementi fondamentali di una cronaca. La battaglia davanti al circolo ufficiali della guardia repubblicana, dove sarebbe detenuto Mohamed Morsi, il presidente esautorato, è incominciata all'alba, poco prima la preghiera di fajr, la prima delle cinque stabilite dal Corano. Alla fine i morti saranno 51 e 435 i feriti.
La cronaca finisce qui. Il resto è battaglia sulla battaglia: cioè propaganda. Fra le vittime ci sono cinque bambini, dicono i Fratelli musulmani. Il portavoce militare smentisce: le immagini dei siti islamici sono quelle di piccole vittime della guerra civile siriana, a marzo. Anche sui filmati la propaganda lavora alacremente, mostrando quelli amatoriali dei cellulari: soldati che sparano dal tetto della caserma e civili che sparano da tetti più alti; immagini di sostenitori disarmati e quelle che rivelano il contrario.
Per gli "aggrediti" i morti sono solo civili sostenitori di Morsi. Per gli "aggressori" c'è un caduto fra i poliziotti e due fra i militari. Perché - questa sarebbe la morale - non si è trattato di un attacco senza preavviso ai civili ma di un «attacco terroristico» a un'installazione militare. Nel pomeriggio gli uni e gli altri hanno organizzato le loro affollate conferenze stampa, spettacolo d'irrefrenabile retorica, per dimostrare le due verità.
Giova ricordare che i Fratelli musulmani, la polizia e l'esercito sono tradizionali fonti di mistificazioni e di propaganda. Prima, durante e dopo la Primavera. La sola verità discernibile è che si tratta di una brutta storia che non sarà mai svelata. Nemmeno dalla commissione d'inchiesta invocata dal presidente ad interim Adly Mansour.
Questa brutta storia segna una svolta nel confronto iniziato più di una settimana fa. Le possibilità di un dialogo e di una riconciliazione nazionale sono tante quante il ritorno di Hosni Mubarak al potere: praticamente nulle. Per i Fratelli musulmani è diventata una questione di vita e di morte: si sono convinti che i militari e il Movimento 30 giugno, la grande coalizione delle opposizioni diventate forza di governo, non li vogliono. Non sono nella loro "road map", esclusi dalla fotografia del nuovo Egitto.

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