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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2013 alle ore 10:58.

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Scalea, arrestata tutta la giunta: «Le risorse del Comune verso la cosca» - 'Ndrangheta, 7 arresti in Piemonte

Tutta la Giunta di Scalea – più il sindaco - in galera, tranne un assessore. Il vicesindaco ha l'obbligo di presentarsi ogni giorno dai Carabinieri del posto e firmare. E' finito così – ma solo per il momento perché gli sviluppi non mancheranno – il secondo round dell'operazione Plinius condotta dal Comando provinciale dei Carabinieri di Cosenza che oggi ha dato esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro, Gabriella Reillo, nei confronti di 38 indagati per associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso, sequestro di persona, detenzione e porto di armi comuni e da guerra, estorsione, rapina, corruzione, turbativa d'asta, turbata libertà del procedimento amministrativo, concussione, falso, istigazione alla corruzione e minaccia, tutti aggravati dal metodo mafioso. Sono invece 21 i denunciati in stato di libertà per i medesimi reati.

Il primo round – infatti – è il frutto dell'intelligenza investigativa dei Carabinieri di Scalea (Cosenza) che nel luglio 2010, in una normalissima e banalissima attività di controllo sul territorio, avevano notato il sindaco, due assessori, un consigliere di minoranza e un ex comandante dei Vigili urbani allegramente a pranzo con pluripregiudicati, di cui alcuni ritenuti dagli inquirenti pericolosissimi perché legati mani e piedi alla presunta cosca Valente-Stummo.

A raccontarlo è lo stesso Comandante provinciale dei Carabinieri di Cosenza, Francesco Ferace, giustamente orgoglioso dei suoi uomini. «Il controllo attento e consapevole del territorio – spiega Ferace al Sole-24 Ore online - svolto dalla compagnia di Scalea ha portato alla verifica successiva di rapporti personali e quindi di interessi illeciti tra amministratori e pluripregiudicati della consorteria di ‘ndrangheta. In tre anni abbiamo accertato tutti gli scambi economici e il volume dei loro affari». A coordinare le indagini il Procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli e il sostituto procuratore Vincenzo Luberto.

Il fatturato della presunta associazione a delinquere era impressionante perché – come dichiara ancora una volta testualmente Ferace – non c'era un solo affare che sfuggisse alla loro attenzione: dai lavori pubblici al commercio, dal turismo (compresa l'attività del porticciolo) alle licenze, dall'ambiente alla raccolta dei rifiuti. Insomma: una Giunta (con la complicità di ex dirigenti e funzionari dell'amministrazione) che si prodigava per incanalare soldi e risorse verso società e persone direttamente o indirettamente riconducibili alla presunta cosca Valente-Stummo, che risponde alla cosca Muto di Cetraro.

La presunta cosca locale, che Ferace, con un linguaggio d'altri tempi ma che dipinge perfettamente la situazione, definisce «agguerritissima nell'accaparrarsi tutte le finanze del Comune e quando dico tutte, dico tutte», secondo le ricostruzioni dei pm era riuscita a orientare le ultime elezioni amministrative facendo eleggere gran parte dei candidati, dei quali uno, quello che diventerà poi assessore al commercio, Antonio Stummo, parente diretto di uno dei principali rappresentanti della presunta cosca omonima.
La definizione di cosca «agguerritissima», secondo la visone degli investigatori, calza a pennello, visto che, come racconta Ferace, per di ottenere i loro scopi, danneggiava, incendiava abitazioni, proprietà, autovetture e sequestrava persone, intimidendo chiunque si mettesse sulla propria strada. L'assoggettamento da una parte e l'omertà dall'altra hanno fatto il resto.

Solo in una circostanza – racconta ancora Ferace - furono pagate 500mila euro di tangente per ottenere un appalto per la raccolta di rifiuti solidi urbani.

Sono stati sequestrati beni per 60 milioni – anche fuori dai confini calabresi – che hanno permesso di delineare l'asse economico-imprenditoriale della presunta organizzazione criminale costituito, con conferimenti di "sospetta provenienza" nei seguenti settori:

commerciale, attraverso l'apertura di diversi supermercati, concessionarie di auto, agenzie di viaggi, parchi divertimento, attività commerciali e negozi- di abbigliamento;

immobiliare, con realizzazione di società finalizzate all'acquisizione di fabbricati, appartamenti e magazzini, anche attraverso aste fallimentari "pilotate"; agricolo, attraverso la costituzione di cooperative e società agricole, che (non depositando bilanci e non avendo assunto lavoratori dipendenti) hanno- acquistato terreni per 50 ettari senza dichiarare le proprietà al Fisco;

turistico, attraverso la gestione dei lidi ba-lneari, come "L'Angelica", "L'Aqua Mar" e "Itaca", realizzati su terreni di proprietà del demanio dello Stato nel comune di Scalea.

Complessivamente, è stato disposto il sequestro preventivo di 22 tra società e aziende, 81 immobili, dislocati anche a Matera, Perugia, e Rocca di Cave- (Roma), depositi, ville ed abitazioni, numerosi negozi e circa 50 ettari di terreno, 33 autoveicoli, tra cui Jaguar, Bmw, Mercedes ed auto d'epoca, 78 rapporti bancari, con saldi positivi per 2.695.685 euro, due imbarcazioni e numerose polizze assicurative.

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