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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2013 alle ore 14:11.

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Alessandro Pansa (Ansa)Alessandro Pansa (Ansa)

ROMA - Una radiografia delle carenze informative sul caso kazako. È il testo che oggi il direttore generale della Ps, Alessandro Pansa, consegna al ministro dell'Interno Angelino Alfano. Pansa ha sentito personalmente, uno ad uno, i protagonisti della vicenda. Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto; Alessandro Marangoni, vicecapo vicario; Francesco Cirillo, vicecapo con delega alla Criminalpol; Alessandro Valeri, capo della segreteria del Dipartimento; Umberto della Rocca, questore di Roma. L'inchiesta di Pansa sembra a questo punto l'assicurazione sulla vita delle sorti del Governo.

Deve dimostrare le «gravi carenze informative» alle autorità politiche denunciate in un comunicato di Palazzo Chigi. Individuare le responsabilità, le mancate comunicazioni, le tracce scritte e le omissioni. E deve accertare, in definitiva, com'è stato possibile che l'Italia abbia rimpatriato a tempo di record in Kazakistan la moglie e la figlia di Mukhtar Ablyazov, ricercato da Interpol con mandato di cattura internazionale ma anche principale dissidente kazako. Espulsione di una donna e di una bambina di sei anni fatta con un volo privato: messo a disposizione, guarda caso, dal governo di Astana. Una procedura del tutto irrituale che ancora oggi lascia molti legittimi sospetti. Alfano vuole una relazione senza sconti né indugi per nessuno. Ovvio: tanto più è dura l'inchiesta di Pansa, tanto più si affievolisce la responsabilità del ministro dell'Interno e il rischio politico che ricade sulla sorte del Governo.

Ma la relazione del direttore generale della Ps non è semplice, proprio per gli effetti che può produrre. È inverosimile ipotizzare che il capo di gabinetto non abbia informato il ministro, almeno nella fase iniziale dell'operazione. Quando poi l'affare passa nelle responsabilità della Polizia tocca al suo vertice in quel momento, Alessandro Marangoni, riferire al ministro: se lo ha fatto, come dovrebbe essere scontato, c'è poco da eccepire; se non lo avesse fatto, la sua sorte è segnata. C'è poi la fase esecutiva affidata al questore di Roma e ai suoi funzionari: rispondono, da una parte, alle direttive del dipartimento e, dall'altra, alla procura di Roma che in quattro diverse occasioni ha convalidato le loro scelte. È probabile che le contestazioni di Alfano saranno concentrate soprattutto sui livelli ministeriali alti. Sul piano politico, in realtà, la vicenda può esplodere e disintegrare il Governo se emergesse che dietro l'operazione di polizia ci fosse una sollecitazione politica. Non di Alfano, che infatti nega, ma di qualche altro prestigioso esponente Pdl, che conosce bene il Viminale ed è molto vicino a Berlusconi. L'ipotesi di una rendition, insomma, stile Abu Omar, ma stavolta molto più grave. Uno scenario finora indimostrato, ma quell'aereo messo a disposizione dal Governo kazako resta un'ombra pesante in tutta la storia.

Adesso tutto si gioca sul filo del rasoio. Con la relazione di Pansa, Alfano andrà al prossimo Consiglio dei ministri e indicherà le teste da tagliare. Potrebbe bastare, ma non è detto. Si parla intanto già del nuovo capo della segreteria del dipartimento, prefetto Vincenzo Panico, che sostituirebbe Valeri, comunque in pensione da ottobre per limiti di età. E del questore Giovanni Pinto, oggi a L'Aquila, che dovrebbe essere promosso prefetto e incaricato di seguire la direzione centrale Immigrazione e frontiere della Ps, vacante da settimane. E non informata, in quei giorni, della vicenda kazaka.

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