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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2013 alle ore 06:39.

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ROMA
«Ha già detto tutto Giorgio Napolitano. Che altro c'è da dire?». È un renziano, a fine giornata, a riassumere con un misto di rassegnazione e irritazione il clima nel Pd. Il Capo dello Stato parla in mattinata di «contraccolpi irrecuperabili» in caso di caduta del governo durante la cerimonia del ventaglio e in questo modo blinda Enrico Letta e tutto il suo governo, compreso naturalmente il vicepremier e ministro dell'Interno Angelino Alfano. Poco dopo la riunione del gruppo Pd in Senato, dove oggi si voteranno le mozioni di sfiducia nei confronti di Alfano per il caso Shalabayeva presentate da M5S e Sel, va come deve andare: i senatori – alla presenza del segretario Guglielmo Epifani e del ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini – approvano quasi all'unanimità, con 80 sì 7 astenuti e nessun contrario, la proposta di votare "no" alle mozioni di sfiducia. A conti fatti sono solo 3 i renziani che scelgono di astenersi: Andrea Marcucci, Isabella De Monte e Vincenzo Cuomo (gli altri astenuti sarebbero Felice Casson, Laura Puppato, Walter Tocci e Lucrezia Ricchiuti).
Marcucci, che a nome dei renziani aveva proposto che il Pd presentasse una sua mozione di sfiducia o in subordine un documento di censura, al termine della riunione dice chiudendo il caso: «Voteremo come tutto il gruppo Pd». Insomma, i senatori renziani si erano spinti probabilmente troppo in là. Continuare a sostenere la responsabilità oggettiva del ministro dell'Interno nel caso kazako avrebbe significato contraddire non solo il premier democratico ma anche il Capo dello Stato, secondo il quale è azzardata questa tesi (si veda a pagina 5). Dopo il voto dei senatori Guglielmo Epifani spiega la posizione, non facile, del partito: il Pd voterà no alle mozioni di sfiducia ma «ritiene» che il caso Shalabayeva sia «una vicenda sulla quale sono rimaste molte ombre e problemi legati alla riorganizzazione della sicurezza». Epifani, comunque, non spende parole esplicite in difesa di Alfano. D'altra parte oggi non si vota tanto una mozione di sfiducia a un ministro quanto, soprattutto dopo le parole di Napolitano, la fiducia al governo. Letta interverrà in Aula, e da Palazzo Chigi fanno notare che è piuttosto insolito che un premier intervenga su una mozione di sfiducia individuale a un ministro. Come a dire, «è un voto di fiducia sul governo, chi è contrario si assuma la responsabilità di lasciare il Paese senza guida».
Il Pd si stringe dunque attorno al governo guidato da Letta, ma ciò non toglie che sul caso Alfano restano tutte intere le perplessità: in primis di Matteo Renzi e dei suoi (ieri il sindaco di Firenze ha ribadito la sua posizione durante la trasmissione "Bersaglio mobile" di Enrico Mentana invitando a fare chiarezza e a non far sì che «paghino solo i pesci piccoli»); ma anche di quasi tutto il corpaccione del partito. Come ripete da giorni il bersaniano Alfredo D'Attorre, della segreteria, a nessuno piace il governo assieme al Cavaliere. E quindi nessuno nel Pd deve poter lucrare su un facile malcontento. Sono stati molti nella riunione di ieri gli interventi rivolti in questo senso all'indirizzo dei "dissidenti" renziani. Per tutti il ministro Franceschini: «In questo governo tutti ci devono mettere la faccia, è ora di smetterla con quelli che non si allineano alle decisioni del partito facendo le anime belle mentre gli altri fanno i cattivi». Proprio per questo ieri è stato anche deciso di convocare una direzione la prossima settimana, alla presenza di Letta, per ribadire il sostegno al governo.

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