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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2013 alle ore 13:11.

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Dopo il Comune di Milano, Dolce & Gabbana oggi contro il Fisco - DOCUMENTO/I redditi dei più ricchi a Milano

«Attenzione al fisco che toglie al cittadino ogni certezza ed impone di vivere con il terrore che, prima o poi, possa bussare alla sua porta, anche senza alcun motivo». È con questo monito, pubblicato sui quotidiani in un avviso a pagamento, che Dolce & Gabbana cercano di fare chiarezza sulla loro posizione fiscale dopo essere stati bollati come «evasori» dall'assessore comunale al Commercio Franco D'Alfonso.

Dopo la chiusura decisa ieri e per tre giorni delle boutique milanesi (nove esercizi commerciali) in segno di «sdegno» contro il comune di Milano i due stilisti non si arrendono e rilanciano comprando due pagine su alcuni quotidiani nazionali per spiegare ai lettori le loro ragioni. Nelle pagine dell'avviso a pagamento è riportato il comunicato diffuso ieri, in cui Dolce e Gabbana esprimono «indignazione e sdegno» per il trattamento ricevuto dal Comune di Milano. Nella seconda è riportata la nota dei loro avvocati Massimo Dinoia, Fortunato Taglioretti e Armando Simbari in cui si ricostruisce la versione degli stilisti nel processo che ha portato alla loro condanna per omessa dichiarazione dei redditi, un mese fa.

I tre legali analizzando la vicenda giudiziaria evidenziano che l'Agenzia delle Entrate ha chiesto il pagamento di tasse per redditi mai percepiti, che la recente condanna penale non è stata inflitta ai due stilisti, ritenuti concorrenti esterni, ma all'amministratore della società Gado, costituita e operante all'estero e che la pretesa fiscale è stata avanzata applicando la retroattività delle norme. Gli avvocati concludono che i loro assistiti sono stati oggetto di abuso e che fisco e giustizia hanno «di gran lunga varcato il segno».

A supporto del fatto che il gruppo di D&G ha sempre contribuito, «prima dell'aggressione della Guardia di Finanza e dell'agenzia delle Entrate», e in modo rilevante alle Casse dello Stato i due stilisti pubblicano uno stralcio della graduatoria dei primi 200 contribuenti di Milano pubblicata sul Sole 24 Ore il 7 maggio 2008. Dolce Domenico Mario nella sintesi delle dichiarazioni 2006 relative ai redditi del 2005 compare al quarto posto con un imponibile di 29.708.241 e un'imposta pagata di 12.760.958 euro seguito da Gabbana Stefano Silvio con 29.651.255 di imponibile e 12.734.013 euro di tasse pagate.

Nella mappa, che vedeva al primo posto come maggiore contribuente Carlo Micheli, tra i fondatori di Fastweb, con un reddito di 101.255.692 euro e al secondo Giorgio Armani con 44.963.206 di cui 19.324.096 pagati in tasse troviamo anche altre case di moda. Al trentesimo c'è Miuccia Prada, (imponibile 5.128.995, imposte 2.195.464), seguito al 38 posto dal re dell'occhialeria Luxottica Leonardo Del Vecchio, secondo Paperone in Italia nella classifica Forbes, che nel 2005 dichiarava 4.584.618 euro di cui 1.962.776 versati allo Stato. In fondo alla classifica Donatella (138°) e Santo Versace (181°). Le imposte pagate dai due fratelli sono state pari a 922.063 e 769.816 euro.

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