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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2013 alle ore 19:58.

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Processo Mediaset, per Berlusconi niente carcere comunque decida la Cassazione

Nel futuro di Silvio Berlusconi non c'è il carcere. Niente cella, a prescindere da come, probabilmente domani, si pronunceranno i giudici della Cassazione sul processo Mediaset, che in primo e secondo grado ha visto la condanna dell'ex premier a quattro anni di reclusione e 5 di interdizione dai pubblici uffici. Se volesse comunque andare dietro le sbarre - come avrebbe raccontato in un colloquio pubblicato su "Libero", poi smentito ufficialmente dal Pdl - glielo impedirebbero le norme che escludono la detenzione in carcere per gli ultrasettantenni. In caso di condanna definitiva, per lui la prospettiva sarebbe quella dell'affidamento in prova ai servizi sociali. Se lo rifiutasse, la strada alternativa sarebbero, al massimo gli arresti domiciliari. Vediamo perché.

Martedì, la Sezione feriale della Suprema Corte in servizio tra il 22 luglio e il 10 agosto (presidente Antonio Esposito, relatore Amedeo Franco) avrà sul tavolo varie opzioni: rinviare a settembre la decisone, magari su istanza della difesa di Berlusconi o di uno dei coimputati, oppure andare in Camera di consiglio, dove decidere se confermare la condanna, assolvere l'imputato o annullare il procedimento rinviandolo alla Corte d'appello di Milano per un nuovo processo.

Nel caso di conferma definitiva della condanna, il passo successivo sarebbe l'affidamento in prova ai servizi sociali per 12 mesi: tre anni di pena, infatti, verrebbero di fatto cancellati dall'indulto, che copre i reati commessi entro il maggio 2006 (la frode fiscale all'origine del processo sarebbe avvenuta negli anni 2002-2003). Dopo aver ricevuto dalla Cassazione il dispositivo della sentenza, la Procura di Milano, guidata da Edmondo Bruti Liberati, dovrebbe emettere il cosiddetto "Ordine di esecuzione con sospensione", giacché la pena residua da scontare è inferiore ai i tre anni.

Dal momento della notifica da parte della Procura, Berlusconi avrebbe poi trenta giorni di tempo per chiedere l'affidamento in prova o gli arresti domiciliari. Istanza che dovrebbe essere poi valutata dal Tribunale di Sorveglianza in un'udienza, ma con il rispetto dei requisiti di attività lavorativa certa e domicilio idoneo è scontato che si arriverebbe all'affidamento in prova. Una strada che Berlusconi non sembra affatto intenzionato a percorrere.

In caso di mancata richiesta delle misure alternative al carcere, la Procura potrebbe allinearsi a quanto deciso sul recente caso Sallusti e chiedere lei stessa i domiciliari per il condannato eccellente. Il direttore del Giornale, condannato in via definitiva dalla Cassazione per diffamazione a 14 mesi, non fece domanda di misure alternative per scontare la pena, scelta che portò Bruti Liberati a far applicare all'Ufficio Esecuzioni la cosiddetta "doppia sospensione" sulla base della legge "svuota-carceri": in pratica, chiese e ottenne l'applicazione degli arresti domiciliari per il direttore, che poi uscì subito da casa come gesto simbolico. Affrontò un processo per evasione, ma venne assolto e poi arrivò la grazia disposta dal Quirinale.

Sulla richiesta di arresti domiciliari si deve pronunciare il Tribunale di Sorveglianza, ma per concederli basta il rispetto di tre requisiti: pena da scontare inferiore ai 18 mesi, domicilio idoneo e mancanza di pericolosità sociale. Infine, toccherebbe sempre alla Procura inviare una comunicazione al Parlamento in relazione all'esecuzione della pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, quella che, in realtà, potrebbe avere gli effetti maggiori, soprattutto politici. Spetterebbe, infatti, a quel punto alla Giunta per le immunità votare la decadenza di Berlusconi da senatore.

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