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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2013 alle ore 06:41.

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Il presidente della sezione feriale della Cassazione Antonio Esposito (Ansa)Il presidente della sezione feriale della Cassazione Antonio Esposito (Ansa)

Una tempesta inaspettata. Silvio Berlusconi «condannato perché sapeva». A sostenerlo è Antonio Esposito, il presidente del collegio della Cassazione che ha confermato la condanna per frode fiscale contro l'ex premier, in un'intervista pubblicata ieri in prima pagina sul Mattino che di fatto anticipa le motivazioni della sentenza non ancora depositata. Esposito nega, dice che l'intervista è stata «manipolata», lo ribadisce anche dopo che il direttore del Mattino Alessandro Barbano conferma che «le parole e le frasi pronunciate dal presidente» sono integralmente quelle riportate sul quotidiano napoletano e per dimostrarlo in serata pubblica sul sito del giornale l'audio della telefonata

Tutto il Pdl insorge. Anche i legali di Berlusconi, Coppi e Ghedini. La Cassazione prende le distanze. Il primo presidente della Suprema Corte Giorgio Santacroce definisce l'intervista «inopportuna» (lo ribadisce anche l'Anm) mentre il ministro della Giustizia Cancellieri chiede intanto «elementi informativi» per decidere il da farsi. Nel frattempo i tre componenti laici del Csm di area Pdl vogliono l'apertura della «pratica» Esposito. Ma cosa ha detto il giudice? Oltre a spiegare le ragioni che hanno determinato l'anticipo dell'udienza (l'obbligo imposto dalla prescrizione incombente), il presidente del collegio giudicante ha spiegato che non è vero che è stato applicato il principio secondo cui Berlusconi «non poteva non sapere», ma bensì che Berlusconi «sapeva» perché «Tizio, Caio e Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito».

«Gravi», «incomprensibili», «false», sono gli aggettivi più utilizzati dal Pdl e dagli avvocati per commentare le parole di Esposito. «Siamo al deposito delle motivazioni in edicola. Senza parole», commenta il ministro Gaetano Quagliariello. Per Berlusconi, volato nel frattempo a Milano, è «l'ennesima conferma che il verdetto era già stato scritto». L'ex premier si allontana da Roma in attesa che giunga quel «segnale» che gli consenta di mantenere «l'agibilità politica». E la presa di distanza di Napolitano da interpretazioni giornalistiche che gli attribuiscono posizioni contrarie a un'eventuale grazia o commutazione di pena vengono lette dai berlusconiani come uno spiraglio. «Si capirà tra qualche giorno...», sussurrava ieri un dirigente del Pdl.

Anche il caso Esposito, paradossalmente, potrebbe trasformarsi in un assist per Berlusconi. Per i capigruppo del Pdl Brunetta e Schifani, è la conferma della «ineluttabilità di una riforma che ponga fine alla sfibrante contrapposizione tra giustizia e politica». Lo tsunami provocato dalle parole del giudice avranno infatti effetti più politici che pratici. L'intervista, fa sapere la Cassazione, «non inficia, nè cambia la decisione sul processo Mediaset» poiché il verdetto «è già stato emesso e sancito con la pubblica lettura del dispositivo in aula al termine dell'udienza». Dunque il dispositivo resta in piedi. Oggi la Giunta per le elezioni si riunirà per decidere il da farsi. Tutti danno per scontato il rinvio alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva. Un fatto scontato visto che al momento non c'è neppure la sentenza, «a meno che non ci si voglia accontentare delle motivazioni di Esposito via stampa...», ironizzava ieri un senatore del Pdl.

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