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Questo articolo è stato pubblicato il 16 agosto 2013 alle ore 12:19.

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Mohamed Badie (Ap)Mohamed Badie (Ap)

Che fare? E' la domanda che vincitori e vinti di ogni rivoluzione e ogni guerra civile sono costretti a porsi. Oggi, tradizionale venerdì di preghiera e di lotta da quando è iniziata la rivolta di piazza Tahrir, quasi tre anni fa, i Fratelli musulmani hanno chiamato i loro sostenitori a una nuova "giornata della collera".
Considerate le leggi speciali imposte dal governo e l'ultimo ordine emesso dal ministero degli interni – "le forze dell'ordine sono autorizzate a sparare" – le manifestazioni alla fine della preghiera del venerdì sembrano un'intenzionale aspirazione al martirio. Mohamed Badie, la guida spirituale suprema del movimento islamico, ha insistito sulla necessità di scendere in strada e ottenere il reinsediamento del presidente Mohamed Morsi.

In passato, oltre ad aver invocato Dio perché uccidesse gli ebrei, Badie è l'uomo che ha sempre impedito qualsiasi compromesso o concessione alle opposizioni, quando Morsi era presidente. Per molti versi è il principale responsabile del fallimento dell'anno di potere della Fratellanza, e uno dei principali degli avvenimenti di questi giorni. Più che una guida spirituale, Badie è l'anima nera del movimento.

Se i Fratelli musulmani vogliono avere un futuro politico nell'Egitto che uscirà da questa tragedia, il cui profilo oggi nessuno potrebbe delineare, devono chiedersi il fatidico "che fare?". Puntare sulle pressioni politiche e sulla solidarietà internazionale, è velleitario e fuorviante. Stati Uniti, Europa e Nazioni Unite stanno condannando il comportamento del governo e dei militari, chiedono il ritorno al dialogo politico: non stanno sostenendo direttamente i Fratelli musulmani.

Altri "martiri", mandati a morire per niente, servirà solo a isolare il loro nemico, il generale al-Sisi: non a riabilitare il potere della fratellanza per il quale il movimento è pronto a sacrificare l'Egitto.

Esattamente come i militari, disposti a usare il Paese per garantire il primato e i benefici della loro casta. Ieri Barack Obama è stato duro con loro, il segretario generale dell'Onu e l'Unione europea non sono stati da meno. E' interessante – sul piano politico e antropologico – la loro ostinazione a ignorare gli ammonimenti di chi li ha sempre sostenuti economicamente e politicamente. E come se si fossero convinti che la geopolitica sia dalla loro parte: sono i garanti del canale di Suez e della pace con Israele.
Se oggi, ennesima giornata della collera, si ripetesse il bagno di sangue del 14 agosto, l'Egitto sprofonderà in qualcosa di imprevedibile. Se alla fine della preghiera, invece, i Fratelli musulmani torneranno a casa, non sarà una giornata storica per il Paese – molte altre cose accadranno - ma certamente una svolta politica.

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