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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2013 alle ore 06:41.

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IL CAIRO. Dal nostro inviato
La galabiyah, la lunga tunica bianca di casa, ancora addosso. Lo sguardo disorientato del braccato appena preso. L'umiliazione del nemico sconfitto è stata trasmessa in diretta tv e poi ripetuta per tutto il giorno, affinché tutti vedessero. Unico gesto di umanità, una bottiglia di acqua e una di succo. Mohamed Badie, l'ultimo capo ancora a piede libero dei Fratelli musulmani, è stato arrestato. Rischia la pena di morte per insurrezione e omicidio plurimo.
A questo punto la restaurazione dovrebbe essere completata: mancherebbe solo la possibile scarcerazione di Hosni Mubarak che il suo avvocato promette per oggi. Ma non è così. In un pericoloso delirio di trionfo, ai militari vittoriosi non basta cancellare ogni traccia della fratellanza dalla fotografia politica dell'Egitto. Vogliono punire chiunque abbia tradito, tutti quelli che nella «battaglia per la sopravvivenza dell'Egitto» hanno osato tentennare.
In questo clima di vendetta più che di giustizia, il tribunale vuole processare anche Mohamed ElBaradei. Il premio Nobel per la Pace e vice-presidente nel nuovo governo messo in piedi dai militari dopo l'arresto di Mohamed Morsi, si era dimesso la settimana scorsa. Riteneva incompatibile con la sua coscienza e con il suo ruolo politico, il massacro di civili perpetrato dai soldati. Qualche giorno fa ElBaradei era partito deluso per Vienna, dove era stato il direttore dell'Agenzia Onu per l'energia atomica (carica grazie alla quale aveva ottenuto il Nobel) e dove ha casa. L'accusa nei suoi confronti è «tradimento della fiducia nazionale». Il surreale pretesto dell'azione penale è l'esposto di un oscuro capo del dipartimento di diritto penale della facoltà di legge di una oscura università. Un regime vincitore trova sempre legioni di servi, soprattutto fra gli intellettuali.
Dal precipizio della guerra civile, l'Egitto precipita nella restaurazione del vecchio regime. I nemici sono tutti in galera e i traditori devono essere cancellati: scomparire dalla fotografia dell'Egitto vittorioso, come Trotsky accanto a Stalin sul mausoleo di Lenin. Le immagini di Badie, 70 anni, arrestato in un appartamento di Nasr City, la periferia del Cairo che era stato il quartier generale della fratellanza, hanno qualcosa di stalinista.
In prigione dal 3 luglio l'ex presidente Morsi per il quale sono stati prolungati di 15 giorni i termini di carcerazione; dentro Khairat al-Shater, la mente politica del movimento e tutti i capi del partito Libertà e giustizia. Fuori rimane solo il grigio e debole Mahmud Ezzat, il vice di Badie, diventato da ieri nuova "Guida Generale" dei Fratelli musulmani. Lo resterà per poco: se non sarà arrestato, presto il movimento verrà messo fuorilegge. La sua prima e forse unica decisione politica è l'annuncio di una disubbidienza civile nazionale, se troverà qualcuno con il coraggio di sfidare il potere.

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