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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2013 alle ore 11:41.

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(Reuters)(Reuters)

Decine, forse anche centinaia di persone, uccise da agenti chimici letali, come il gas nervino. Se la notizia fosse confermata – e in questi casi ogni annuncio è da prendere con estrema cautela - si tratterebbe di un attacco gravissimo. Che potrebbe anche spingere i Paesi occidentali schieratisi contro il regime di Damasco ad intervenire in modo diretto nel conflitto più complesso che ha travolto il Medio oriente dopo l'avvento delle primavere arabe.

Un attacco di questa portata sancirebbe infatti una plateale infrazione della linea rossa, vale a dire la minaccia prospettata da alcuni Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, di essere pronti a intervenire contro Damasco nel caso in cui usasse armi chimiche contro l'opposizione.
È tuttavia ancora difficile accertare i fatti e la dinamica dell'attacco. Certo, ci sono già dei precedenti che depongono a favore dei ribelli e mettono nei guai il regime. Perché a metà giugno, dope le accuse da parte di Francia e Regno Unito, gli Stati Uniti sciolsero le loro riserve e annunciarono di esser in possesso di prove relative all'uso da parte del regime siriano di armi chimiche contro i ribelli. La Casa Bianca dichiarò di esser pronta a inviare armi all'opposizione siriana. Munizioni tuttavia "leggere", certo non armi contraeree, inefficaci quindi nell'assestare quel duro colpo all'aviazione di Assad che i ribelli da tempo ritengono di vitale importanza.
Washington non si spinse oltre. Anzi, dichiarò che le prove riguardavano attacchi con armi chimiche circostanziati e limitati.

Non c'è dubbio che Damasco disponga di uno dei più grandi arsenali di armi chimiche del Medio Oriente Non solo. Avrebbe anche la tecnologia e gli esperti in grado di utilizzarle. Ma risulta difficile comprendere perché lo abbia fatto proprio ora, quando il conflitto sembra, temporaneamente, pendere in suo favore. Grazie al determinante appoggio delle milizie libanesi degli Hezbollah, il regime siriano è riuscito a stappare ai ribelli importanti obiettivi militari e città strategiche, come Qusair. Perché poi sferrare un attacco di queste proporzioni proprio nei giorni in cui, dopo mesi di rifiuti, è arrivata a Damasco una missione di esperti dell'Onu incaricata di verificare se sono state usate armi chimiche nel conflitto tra lealisti e ribelli.

Si tratta di una vicenda molto scomoda per gli Stati Uniti e i loro alleati.
La prudenza della Casa Bianca ad armare i ribelli è finora stata motivata dall'ascesa dei movimenti salafiti e jihadisti, in alcuni dei quali militano cellule di qaedisti. Come Jabath al-Nusra, movimento salafita-jihadista che ha sposato l'ideologia di al-Qaeda, e che è probabilmente la forza militare più organizzata e disciplinata nelle file della disordinata opposizione. Un movimento con un'agenda pericolosa - la costituzione di un califfato islamico nel dopo Assad - inconciliabile con quella del Libero esercito siriano. Ecco perché i Paesi occidentali, in testa gli Usa, temono che gli armamenti possano finire nelle mani sbagliate.

Senza contare che la minaccia delle armi chimiche riguarda entrambi i belligeranti. In maggio Carla del Ponte, membro della Commissione Onu che indaga sulle violazione dei diritti umani in Siria ed ex procuratore del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, fece un annuncio clamoroso. «Stando alle testimonianze che abbiamo raccolto sono state utilizzate armi chimiche, in particolare gas nervino. Dalla nostra indagine emergerebbe che sono state usate dagli oppositori, dai ribelli», aveva dichiarato alla radio svizzera. Testimonianze e seri sospetti, anche indizi. Ma non prove inconfutabili. Il mese successivo, però, il premier britannico David Cameron fece un annuncio analogo: anche se al momento non vi sono informazioni sul fatto che i ribelli ne abbiano fatto uso, gruppi legati ad al-Qaeda hanno tentato di procurarsi armi chimiche per poterle utilizzare in Siria.

Anche se fosse confermato l'uso di armi chimiche nell'attacco di oggi, dopo 100mila vittime, scontri settari e l'ascesa dei movimenti estremisti islamici, la decisione di schierarsi militarmente con i ribelli apparirebbe una scelta davvero difficile e piena di incognite. Perché nessuno è in grado di dire prevedere che tipo di Siria nascerà dalle ceneri del dopo Assad.

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