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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2013 alle ore 09:47.

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Lentamente, giorno per giorno e con un numero crescente di provocazioni e di vittime, il Libano sta scivolando nel cratere del vulcano siriano. Immagine in sedicesimo delle stesse divisioni settarie, in Libano cambiano solo le percentuali demografiche: ci sono più cristiani, sciiti e sunniti sostanzialmente si equivalgono.

E' uno straordinario miracolo che non sia già un campo di battaglia del conflitto siriano, senza separazioni di confine. Con la partecipazione diretta di Hezbollah sciita a favore del regime di Bashar Assad, come fosse un esercito nazionale e non la milizia di un partito; con l'infiltrazione nella comunità sunnita di movimenti armati sempre più radicali e qaidisti; le centinaia di migliaia di nuovi profughi siriani che cambiano pericolosamente gli equilibri demografici e politici del Libano; e i campi palestinesi dove altre centinaia di migliaia di profughi più antichi, praticamente cronici e senza futuro, sono pronti ad essere usati per i disegni di altri. L'esplosione del Libano sembra imminente. E se accadrà, sarà devastante: molto più dei 15 anni di guerra civile fra il 1975 e il 1990.

La Siria tuttavia non è la causa ma solo il grilletto di una pistola carica da sempre. Le divisioni e le tensioni libanesi esistono da prima che la Siria esplodesse. Covano dal giorno del 1990 in cui finì la guerra civile di allora. Il Paese era distrutto e prostrato dopo 15 anni di lotta, ma non unito. Non lo è mai stato se non al punto da creare quel minimo di istituzioni e strutture necessarie per condurre uno Stato.

Aiutato dalla Siria e dall'Iran, Hezbollah ha costruito senza che nessuno lo potesse impedire un esercito nell'esercito e uno stato nello stato: con obiettivi diversi da quelli del resto del Libano e un'agenda geopolitica da piccola potenza regionale. Dopo la morte di Rafik Hariri, ucciso dai siriani – mandanti o diretti esecutori di tutti gli omicidi politici in Libano - la comunità sunnita non ha più un leader e si è divisa in pericolose milizie radicali.
Anche i cristiani sono separati fra loro, come sempre. Alcuni parteggiano per gli sciiti, altri per i sunniti. Ma di questo nuovo conflitto sono principalmente osservatori passivi: prima o poi saranno costretti a partecipare ma contro la loro volontà. I drusi e le altre minoranze religiose annusano l'aria e cercano di capire chi siano i più forti per farseli alleati e sopravvivere.
Ogni partito libanese al quale corrisponde una comunità settaria, ha un padrino straniero, anzi due: uno regionale e uno internazionale. I sunniti hanno l'Arabia Saudita e gli Stati Uniti; gli sciiti la Siria, l'Iran e i russi che partecipano solo perché gli Usa sostengono gli altri. Ed è considerato normale, non un tradimento alla nazione inesistente, che i partiti libanesi facciano prevalere gli interessi dei loro padrini stranieri su quelli dello Stato libanese.

Se ancora non hanno ricominciato a uccidersi alla luce del sole, è solo perché i libanesi hanno ancora la memoria di ciò che fu la loro guerra civile. Ma il ricordo si stempera, non riesce a prevalere sugli interessi del momento. E una nuova generazione, che non ha memoria di quella tragedia di 23 anni fa, è pronta a combattere.
Se accadrà, sarà principalmente una guerra fra musulmani sciiti e musulmani e sunniti. Non ci saranno più una Beirut Ovest e una Beirut Est che in qualche modo dava un ordine geografico alla guerra civile di allora. Nella grande e un tempo bellissima città, sciiti e sunniti vivo nello stesso quartiere, la stessa strada, il medesimo condominio. E alle divisioni ideologiche di allora – musulmani contro cristiani significava in realtà sinistre contro destre – si sostituirà la brutalità assoluta di una guerra santa.

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