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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2013 alle ore 12:29.

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Silvio Berlusconi fu «ideatore del meccanismo del giro dei diritti che a distanza di anni continuava a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende a lui facenti capo in vario modo». Lo scrive la Corte di cassazione nella motivazioni della sentenza sui diritti Tv Mediaset decisa lo scorso 1° agosto, confermando in pratica la condanna inflitta in II° grado dai giudici della Corte d'appello di Milano. In particolare, è «pacifica e diretta riferibilità a Berlusconi della ideazione, creazione e sviluppo del sistema che consentiva la disponibilità del denaro separato da Fininvest e occulto».

Gioco di specchi fraudolento correttamente provato in I e II grado
Tale sistema, secondo i giudici della Suprema Corte «ha permesso di mantenere e alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere presso conti correnti intestati ad altre società che erano a loro volta intestate da fiduciarie di Berlusconi». Corretta quindi la valutazione dei giudici di merito, che hanno provato l'esistenza di «un gioco di specchio sistematico che rifletteva una serie di passaggi privi di giustificazione commerciale e ad ogni passaggio la lievitazione dei costi era, a dir poco, imponente»

Le responsabilità per l'evasione fiscale Mediaset
Per i giudici, Berlusconi «conoscendo perfettamente il meccanismo, ha lasciato che tutto proseguisse inalterato, mantenendo nelle posizione strategiche i soggetti da lui scelti e che continuavano a occuparsi della gestione in modo da consentire la perdurante lievitazione dei costi di Mediaset a fini di evasione fiscale».

Inverosimile ipotesi di truffa ai danni del Cavaliere
Nelle 208 pagine che compongono le motivazioni, il collegio smonta alcuni capisaldi del ricorso dell'ex premier difeso davanti alla Suprema corte da Franco Coppi e Niccolò Ghedini: per i giudici è infatti assolutamente inverosimile «l'ipotesi alternativa che vorrebbe tratteggiare una sorta di colossale truffa ordita per anni» ai danni di Berlusconi «da parte dei personaggi da lui scelti e mantenuti nel corso degli anni in posizioni strategiche».

Berlusconi dominus Mediaset anche senza poteri gestori diretti
Oltre a Berlusconi, la sentenza interessa anche il mediatore Frank Agrama e i manager Mediaset Gabriella Galetto e Daniele Lorenzano. Nel loro caso, confermate le condanne rispettivamente a 3 anni, 1 anno e 2 mesi, e 3 anni e 8 mesi, con 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Per i giudici, i coimputati sono stati «mantenuti sostanzialmente nelle posizioni cruciali anche dopo la dismissione delle cariche sociali da parte di Berlusconi e in continuativo contatto diretto con lui». Da qui, la falsità della tesi difensiva che voleva l'ex premier troppo occupato dagli affari di Governo per poter seguire personalmente le vicende aziendali: «la mancanza in capo a Berlusconi di poteri gestori e di posizione di garanzia nella società non è dato ostativo al riconoscimento della sua responsabilità».

Motivazioni firmate dall'intero collegio
Le ragioni che hanno indotto la Corte a confermare i quattro anni per frode fiscale (di cui tre condonati) all'ex premier sono firmate dall'intero collegio della sezione feriale penale della Cassazione, e non solo dal presidente (Antonio Esposito) e dal relatore (Amedeo Franco), come avviene abitualmente. In calce alle motivazioni compaioni quindi anche le firme di Claudio D'Isa, Ercole Aprile, e Giuseppe De Marzo.

Quanto alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, fissata in 5 anni dai giudici del merito, la Cassazione aveva deciso di rinviare la sentenza di II grado ad altra sezione della Corte d'appello perché ridetermini la pena.


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