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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2013 alle ore 06:50.

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ROMA
Affidare alla Corte costituzionale il compito di sciogliere i dubbi sulla legge Severino e sospendere i lavori della Giunta del Senato in attesa del pronunciamento della Consulta. Si conferma questa la principale linea difensiva di Silvio Berlusconi in vista del voto sulla sua decadenza da senatore dopo la condanna definitiva per il caso Mediaset. Come anticipato ieri dal Sole 24 Ore, sono stati depositati ieri presso la Giunta i pareri pro veritate di giuristi e costituzionalisti per la difesa di Berlusconi, si tratta di sei pareri firmati da otto personalità: Beniamino Caravita di Toritto, Giuseppe de Vergottini, Giovanni Guzzetta, Antonella Marandola, Roberto Nania, Gustavo Pansini, Giorgio Spangher e Nicolò Zanon.
Non c'è solo la questione della irretroattività (questa la tesi dei giuristi coinvolti dalla difesa: un riconoscimento della natura penalistica della legge Severino la renderebbe inapplicabile ai fatti antecedenti all'entrata in vigore, e il fatto è il presunto reato e non la sentenza). Nei pareri sono esaminate anche le prerogative del Parlamento in riferimento agli articoli 65 e 66 della Costituzione e la dibattuta questione della legittimazione a ricorrere alla Consulta da parte della Giunta per le immunità: i pareri raccolti concordano naturalmente nel riconoscere alla Giunta la qualifica di giudice a quo. Sul punto è intervenuto ieri anche Niccolò Ghedini, legale del Cavaliere: «Abbiamo ritenuto utile dare un contributo con questi pareri che secondo noi portano alla conclusione che la legge Severino non deve trovare applicazione».
I sei pareri pro veritate depositati sono accompagnti da una lettera in cui si annuncia il ricorso della difesa del leader Pdl alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. I difensori di Berlusconi decidono dunque di percorrere più di una strada, vista l'indisponibilità ad ora del Pd a votare in Giunta per l'eccezione di costituzionalità della legge Severino. Tuttavia la strada di Strasburgo è particolarmente lunga (la procedura completa potrebbe durare anche anni) e presumibilmente non impatterà sul voto in Giunta, che dovrebbe arrivare al più tardi entro i primi giorni di ottobre.
Il punto vero è tutto politico, e lo stesso Cavaliere non nasconde con i suoi lo scetticismo. Se infatti è vero che una personalità come Luciano Violante non chiude completamente la porta alla questione della presunta incostituzionalità («se ci sono i presupposti – ha ribadito ieri, precisando di parlare a titolo personale – potrebbe essere legittimo il ricorso alla Corte costituzionale o per altre ragioni alla Corte di giustizia di Lussemburgo»), il Pd appare compatto nel rigettare la questione nel campo avverso. «Non voteremo mai, né potremmo farlo anche se lo volessimo, il ricorso alla Consulta in modo da congelare i lavori della Giunta per mesi», dice un dirigente democratico. Non sarebbe certo la stessa cosa che votare contro la decadenza, ma la scelta di seguire il Pdl nel sollevare la questione alla Consulta non sarebbe capita dagli elettori del centrosinistra. Eppure tutti, dallo stesso segretario del Pd Guglielmo Epifani al capogruppo in Senato Luigi Zanda, sottolineano come Berlusconi abbia il diritto di difendersi e come i tempi non saranno artificiosamente serrati.

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