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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2013 alle ore 15:30.

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(Afp)(Afp)

In Medio Oriente sono ore di consultazioni febbrili, sulla crisi in Siria, dove Stati Uniti e Francia si mostrano determinati a colpire il regime accusato di aver ucciso centinaia di persone in un attacco chimico. La questione cruciale sarà sotto i riflettori dei ministri degli Esteri dei Paesi della Lega Araba che si riuniranno domani al Cairo. E il numero due dell'istituzione panaraba, Ahmed Ben Helli, ha precisato che questo summit - inizialmente previsto martedì - è stato anticipato a domenica, a causa degli sviluppi sul dossier siriano. Intanto, al largo delle coste della Siria si è aggiunta una sesta nave da guerra statunitense. Ecco, minuto per minuto, gli sviluppi della situazione.

18,59. Onu: non ritiriamo operatori umanitari. Le Nazioni Unite «non si ritirano» dalla Siria, ma restano in Siria per mandare avanti il lavoro umanitario con un migliaio di dipendenti. Lo ha detto il portavoce dell'Onu Martin Nesirsky.

18,31. Lega araba: nessun via libera a intervento militare. La Lega Araba non darà «alcun via libera per un intervento militare in Siria» e "affermerà che serve" una soluzione politica del conflitto. Lo ha detto il rappresentante permanente egiziano presso la Lega, Amr Atta, alla vigilia del summit dell'organizzazione sulle vicende siriane. (ANSA).

17,55. Iran: un attacco causerà reazioni anche fuori del Paese. Un eventuale attacco militare in Siria «provocherà reazioni anche al di fuori del Paese»: lo ha detto il capo della Guardie Rivoluzionarie iraniane, Mohammad Ali Jafari, citato dall'agenzia Isna. «Il fatto che gli americani credano che un loro intervento militare possa limitarsi ai confini siriani è un'illusione - ha detto -. Provocherà reazioni anche al di fuori del Paese».

17,52. Israele: se cercheranno di colpirci reagiremo con forza. Israele segue gli sviluppi della situazione legati al possibile attacco Usa alla Siria. Lo fa, nel giorno del riposo sabbatico, con l'eco delle parole pronunciate i questi giorni da tutti i suoi leader: non siamo coinvolti nella guerra civile al di là del confine, ma se cercheranno di colpirci «risponderemo a piena forza», per usare la sintesi del presidente dello Stato Shimon Peres. Non a caso anche ieri, come in tutti questi giorni, il primo ministro Benyamin Netanyahu ha ricordato che "Tsahal (le forze armate israeliane) è più forte che mai».

Intanto, è stato completato in tutto il paese il dispiegamento del sistema antimissili Iron Dome. Compresa l'area metropolitana di Tel Aviv dove è entrata in funzione una batteria di Iron Dome rivolta a nord e non più a sud come avvenne nella crisi con Gaza dello scorso novembre. A queste si aggiungono le altre difese, sempre attive, costituite dai Patriot e dagli Arrow 3. Inoltre, c'è stato il richiamo di un numero limitato (circa mille) di riservisti. Forse non tutti condividono la necessità di un attacco ora alla Siria: per il generale della riserva Yoav Galant l'intervento potrebbe rivelarsi più dannoso che utile. Meglio sarebbe aspettare, in modo da costruire nel frattempo il dopo Assad, anche per impedire che gli arsenali chimici cadano, con il presidente indebolito da un colpo senza ko, in mano degli estremisti.

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