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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2013 alle ore 13:20.

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La bici fa bene al cuore. I ciclisti del Tour de France vivono sei anni in più

Tappe massacranti, polpacci sfiniti e battito a mille? Non mettono a rischio la salute. Anzi. Uno studio sui ciclisti che hanno partecipato al Tour de France tra il 1947 e il 2012 dimostra che l'età media dei campioni delle due ruote è di sei anni superiore a quella della popolazione "ordinaria". Incrinando la convinzione che i ritmi di performance più intensivi accrescano la probabilità di morte per problemi cardiovascolari.

Le due ruote allungano la vita

Lo studio, presentato al Congresso della Società europea di cardiologia in programma fino a domani ad Amsterdam, esamina le cause di decesso di 786 ciclisti francesi da fine anni '40 ai giorni nostri. Più di 60 "giri di Francia" e lo stesso risultato: nessun collegamento diretto tra sforzo in gara e mortalità. Semmai, il contrario. «È la prova che lo sport, tra le persone in salute, porta comunque benefici. Anche se è molto, ma molto intensivo» sottolinea Eloi Marijon, tra gli autori dello studio, ricercatore in cardiologia all'Ospedale Europeo Georges Pompidou. Salve le due ruote, forse. Ma non è detto che il principio "(sport) estremo è salutare" sia allargabile a tutte le discipline.

I dubbi sulla maratona

La maratona, ad esempio, resta tra le indiziate. Alcuni medici si sono interrogati sulle conseguenze di 42 chilometri di corsa a uno scatto medio tra i 10 e i 12 chilometri orari. Una distanza innaturale, a quella velocità, che ha fatto registrare segnali di cedimento nel cuori di un ampio numero di altelti. La replica è che logorio e affaticamento sono fisiologici, e un periodo minimo di recupero (pari a sei-sette giorni, in media) ne rimuove gli effetti. In più «molti risultati derivano da pazienti con qualche problema cardiaco, e non devono necessariamente attribuirsi ad atleti in piena salute» evidenzia Alfred Bove, professore emerito alla Temple University di Philadelphia ed ex presidente dell'American College di Cardiologia.

Il doping del sangue e i problemi cardiaci

Un'ultima sorpresa arriva dallo studio dell'eritoproietina, meglio nota come Epo. Gli autori della ricerca non intravvedono un legame decisivo tra «doping del sangue» e attacchi di cuore. L'Epo, rilevato a posteriori anche in leggende come Marco Pantani e Jan Ullrich, aumenta la produzione di globuli rossi e consente standard performativi più elevati. La sostanza è bandita dalle competizioni ufficiali, e può far insorgere problemi di policitemia: l'aumento eccessivo di globuli rossi, che porta (anche) all'infarto. Lo studio non certifica l'uso dell'ormone nei singoli ciclisti, ma l'ampia diffusione di sostanze dopanti negli anni '90 fa sbilanciare Marijon: «Probabilmente non c'è un'associazione forte o immediata con il doping» ha detto il ricercatore. Invitando alla prudenza più assoluta su un legame «tutto da verificare. E in un periodo più lungo di tempo».

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