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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2013 alle ore 12:03.
Agire in fretta. Per fare da moltiplicatore a quei segnali di ripresa che si cominciano ad intercettare. Costo del lavoro, innanzitutto, con quella sforbiciata al cuneo fiscale che il governo ha annunciato e che le imprese mettono ai primi posti tra le priorità. E poi accesso al credito, minore burocrazia, una politica industriale che metta l'impresa al centro.
Con una precondizione, condivisa da tutti: una stabilità politica che da una parte dia al paese una visione a medio termine e dall'altra permetta alle aziende di programmare i propri investimenti.
È la percezione che si coglie tra la platea di imprenditori, manager e banchieri riuniti al seminario Ambrosetti di Cernobbio. «L'obiettivo principale deve essere creare occupazione», dice Maurizio Sella, presidente dell'Assonime e di Banca Sella. «Il peso del cuneo fiscale non incentiva la produzione, serve una riduzione non simbolica di questo fattore, sarebbe un importante segnale agli imprenditori, l'impresa medio-piccola è quella che crea più occupati», dice Sella. Bene quindi se il governo affronterà la questione nella legge di stabilità, peccato, invece che, aggiunge Sella, sia rimasta l'Imu sui capannoni industriali, anche quelli vuoti: «È un controsenso, toglie risorse agli investimenti».
La liquidità è un problema in questa fase di restrizione del credito. La sfida è individuare nuovi strumenti, alternativi al canale bancario. È uno dei punti contenuti nel documento messo a punto da Confindustria e sindacati lunedì scorso, che ruota su tre priorità fisco e riduzione del costo del lavoro; politica industriale; revisione del Titolo V della Costituzione e semplificazione burocratica.
Il governo vuole semplificare l'uso dei mini-bond. «Sono uno strumento importante, che finora non è stato utilizzato abbastanza. Sono nati fondi a livello locale, mentre ne servirebbero a livello nazionale. È un processo che va accelerato. Il decreto che sta preparando il governo rimuove alcuni vincoli per assicurazioni e fondi pensione», dice Andrea Soro, ad di Rbs Italia. Nei paesi anglosassoni, aggiunge, due terzi dei finanzamenti alle imprese avvengono attraverso canali non bancari, da noi è l'opposto. Quindi è fondamentale agire su questo versante, continua, anche con le cartolarizzazioni. «Sono interventi da fare con urgenza, così come il taglio del cuneo fiscale», continua Soro, che apprezza il documento di Confindustria e sindacati: «Bene i contenuti, bene che le parti sociali si siano messe insieme individuando le priorità anti-crisi».
Se ci fosse una sforbiciata al costo del lavoro Ferruccio Ferragamo, presidente della Salvatore Ferragamo (1,2 miliardi di fatturato, una crescita del 10%) assumerebbe di più. «Continuiamo a credere nel paese, abbiamo in programma il raddoppio dello stabilimento vicino Firenze, ecosostenibile, per migliorare efficienza e i costi», dice Ferragamo. Difficile essere competitivi producendo tutto in Italia, con il costo del lavoro alto, con le materie prime che sono schizzate all'insù, al punto che, racconta, alcuni produttori hanno cominciato ad allevare rettili. «Bisogna facilitare le assunzioni dei giovani, serve non solo intervenire sul cuneo fiscale, ma aumentare la flessibilità, sia nell'ingresso sia nell'uscita».
E poi, aggiunge, bisogna poter avere una visione a lungo termine. È il tasto su cui insiste Eugenio Sidoli, numero uno di Philip Morris Italia. «Difficile spiegare ai miei capi in Italia c'è incertezza ormai da tempo su cosa può accadere nel giro di qualche mese. Le imprese hanno bisogno di certezze. Serve una politica industriale che indichi quale paese vogliamo avere tra dieci anni, se vogliamo avere grandi imprese, più multinazionali, artigianato di qualità», dice Sidoli. «Non ha senso parlare di crescita senza definire cosa vogliamo essere, fermo restando alcuni problemi prioritari, come la flessibilità del lavoro, per noi più importante del costo del lavoro. Un problema accentuato dalla riforma delle pensioni».
Bisogna creare occupazione. È l'obiettivo che si sono posti Confindustria e sindacati nel loro documento, è l'urgenza che si percepisce parlando con i protagonisti dell'economia. «Per questo serve una politica che faciliti il fare impresa, come fonte di lavoro e ricchezza», dice Paolo Merloni, ad di Ariston Thermo. «È un po' venuta meno la voglia di intraprendere, bisogna agire sui fattori del costo del lavoro, fisco, liberalizzazioni e semplificazioni, per stimolare gli investimenti e attrarre le aziende straniere. Bisogna farlo, e presto».
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