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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2013 alle ore 14:02.
Che il Pd è ormai determinato a votare per la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore in applicazione della legge Severino si sa da settimane. Così come si sa che il Pd non può votare in favore delle pregiudiziali di costituzionalità sollevate dal Pdl nella Giunta del Senato perché apparirebbe come un "salvataggio" per vie traverse. Chi è stato in questi giorni di fine agosto e inizio settembre in giro per le feste del Pd sa che i dirigenti di Largo del Nazareno, e lo stesso premier Enrico Letta che del Pd è stato vicesegretario fino a 4 mesi fa, hanno le mani legate al di là della loro personale volontà.
L'aggressione sia pure soft di domenica a Genova nei confronti di Luciano Violante, che per la sua posizione favorevole al ricorso alla Consulta o alla Corte di giustizia di Lussemburgo sulla irretroattività della Severino si è visto rovesciare addosso una bottiglietta d'acqua, è lì a testimoniare quale potrebbe essere la reazione dei militanti e degli elettori del Pd in caso di trattativa per evitare a Berlusconi l'umiliazione della decadenza.
«Qualsiasi soluzione che non sia il voto in favore della decadenza significherebbe il suicidio del Pd», ripetono tutti in casa democratica. Governativi e meno governativi, lettiani bersaniani renziani e cuperliani. E anche nel Pdl, naturalmente, ne sono consapevoli. Dunque quello a cui stiamo assistendo in queste ore sembra lo svolgimento di un copione già scritto, con qualche imprevisto dovuto alla diretta. Pregiudiziali di costituzionalità o meno, accelerazione o frenata dei lavori in Giunta, la realtà è che si sta andando velocemente verso il voto che sancirà la decadenza del Cavaliere in applicazione della legge Severino.
Dunque se l'esito del braccio di ferro è scontato, che senso ha questo alzare dei toni, questo parlare di "camera a gas" per fare fuori l'avversatrio politico da parte del Pdl? Una battaglia, quella dei pidiellini, che per di più appare poco concludente dal momento che la sentenza di interdizione dai pubblici uffici dovrebbe diventare esecutiva con la riformulazione della Corte d'Appello di Milano entro poche settimane. Ci sarà comunque un passaggio obbligato in Giunta e nell'Aula del Senato, superando la stessa legge Severino e la questione della sua incostituzionalità.
La verità è che Berlusconi - stretto da una parte dai "falchi" che al di là del suo interesse lo spingono al lavacro delle urne e dall'altra dai suoi stessi familiari che lo invitano invece alla prudenza ed ad accettare la pena preparando così il terreno alla possibilità di un atto di clemenza - non ha ancora deciso il da farsi. Da qui il continuo oscillare dei suoi umori e dello scenario politico. Certo, a forza di evocare la crisi alla fine la crisi rischia di materializzarsi per forza di inerzia, nota un politico accorto come il capogruppo democratico al Senato Luigi Zanda. Insomma via via che i toni diventano più aspri, con l'evocazione di plotoni di esecuzione e camere a gas (ne ha parlato non a caso una "colomba" come Renato Schifani), diventa poi complicato ingranare la retromarcia.
Eppure lo scenario più probabile, a questo punto, è un nuovo inizio del Pdl-Fi sotto la bandiera di un Cavaliere "martirizzato", sempre sull'orlo di staccare la spina ma senza farlo. È una strategia che potrebbe rivelarsi per il Pd perfino più pericolosa del rovesciamento del tavolo da parte di Berlusconi, perché rischierebbe di inchiodare il partito alle larghe intese lasciando la scena ancora una volta a un Cavaliere detronizzato dal Senato ma in sella alla guida del centrodestra. Se quella di un Cavaliere "martirizzato" ma "responsabilmente" al governo è una strategia pericolosa per il Pd, lo è ancora di più per il premier Enrico Letta e la sua promessa azione riformatrice.
Sempre sull'orlo delle elezioni e con "il rumore di sottofondo del caos politico" (per usare le parole dello stesso premier), come può il governo delle larghe intese fare quelle riforme anche impopolari che servono per rilanciare l'economia e agganciare la ripresa? Le prima avvisaglia è la soluzione trovata sull'Imu e in parte lo stesso provvedimento appena approvato sulla scuola: scelte che appaiono fatte più per accontentare di volta in volta l'elettorato di riferimento di Pdl o Pd che nell'interesse generale. Vivere sull'orlo di una perenne crisi politica e in campagna elettorale permanente: se è forse la condizione più congeniale al carattere di Berlusconi, è questo il vero rischio per il governo Letta. E per il Paese.
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