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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2013 alle ore 06:44.

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Berlusconi, l'epilogo più tormentato - Oggi video e primo voto in giunta - Breve video storia dei video messaggi del Cav - Videoanalisi (di S. Folli)

La domanda che correva ieri sera nei giornali e nei palazzi politici era quasi ovvia: quanto influirà l'ultimo atto della questione Mondadori sulle mosse di Berlusconi? Quanto peseranno quei 494 milioni su un uomo già molto stressato? La risposta è: in termini politici assai poco.

È difficile immaginare che il super-indennizzo a Carlo De Benedetti possa modificare la decisione sofferta e obbligata di non aprire la crisi. Vorrebbe dire che Berlusconi ha ancora la possibilità di fare delle scelte e di rovesciare il tavolo. In passato accadeva, certo, ma allora il capo della destra era nella sua età dell'oro. Oggi è un uomo provato e schiacciato dalle avversità che scandiscono il suo tramonto. Se alla caduta del governo preferisce un discorso su nastro registrato non è per generosità, ma per il buon motivo che non può fare altro. Mostrare senso di responsabilità o addirittura senso delle istituzioni è l'unica carta seria che gli resta da giocare. Guai a sprecarla per compiacere gli stati d'animo in ebollizione.

Peraltro è abbastanza evidente. Rancore, rabbia, frustrazione sono i sentimenti tutt'altro che mascherati che si agitano nel suo animo. Ma la faccenda Mondadori può esasperarlo solo sul piano psicologico. È irrealistico che Berlusconi, giunto all'ultimo passaggio della sua storia parlamentare, possa fare altro che aggiungere un paragrafo al discorso registrato. Sarà un'occasione in più per attaccare la magistratura e presentarsi come vittima designata di una supposta persecuzione che si accanisce contro di lui anche per mezzo di una tenace e peculiare tempistica. Quasi una tenaglia.
La verità è che il leader del centrodestra è ormai consapevole che il suo futuro è fuori del Parlamento. L'epilogo è già scritto e ci si arriverà in un modo o nell'altro entro due, tre settimane. Attraverso una serie di traumi e di colpi all'"ego" berlusconiano, i primi dei quali arriveranno già domani sera con il voto della Giunta di Palazzo Madama. Un voto il cui esito sembra talmente scontato da non suscitare alcuna "suspence". La vera questione quindi è un'altra: Berlusconi accetterà questa lunga e definitiva mortificazione - a meno di colpi di scena davvero poco prevedibili - o preferirà tagliar corto e dimettersi dal Senato prima di subire il voto finale dell'aula?

Il buonsenso suggerisce dimissioni anticipate e poi via con i nove mesi ai servizi sociali o in alternativa agli arresti domiciliari. Per il resto sentiremo cosa dirà nell'arringa televisiva. Non dovrebbe essere un testamento politico, cosa di cui l'uomo non sente il bisogno. Semmai sarà un tentativo di rilancio al di fuori del Parlamento: una promessa ai suoi che un nuovo '94 è ancora possibile. Non è vero, naturalmente. Il tempo è passato in modo inesorabile e ricominciare oggi daccapo, con una nuova Forza Italia, rischia di essere un'impresa temeraria. D'altra parte oggi la forza di Berlusconi è ancora in grado di destabilizzare qualsiasi scenario politico. Almeno sulla carta. Ma abbiamo detto che l'uomo non ha tale convenienza, anche per non rischiare di essere smentito da una fetta dei suoi seguaci.
Ci sarà l'appoggio al governo Letta, ma sarà avaro e ambiguo, carico di rabbia repressa a fatica. Nella prima Repubblica si parlava di «governo amico» quando un partito sosteneva l'esecutivo ma da lontano, senza impegnarsi più di tanto. Forse accadrà lo stesso. Un «governo amico», quello di Enrico Letta. E mai espressione è apparsa intrisa di così sottile ipocrisia. Spetterà al premier riuscire ad allargare un sentiero che si è fatto stretto e infido.

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