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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2011 alle ore 20:09.

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La notifica di Fininvest ai legali di Cir del ricorso in Cassazione contro la sentenza con cui lo scorso luglio la Corte d'Appello di Milano l'ha condannata a versare 564 milioni di euro alla società della famiglia De Benedetti, apre l'ultimo capitolo della lunga vicenda del Lodo Mondadori. Vicenda con al centro la più che ventennale "guerra di Segrate", lo scontro che risale a più di vent'anni fa tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti per assicurarsi il controllo di uno dei maggiori gruppi editoriali italiani.

Stamani infatti dalla società di via Paleocapa è stata avviata la procedura di notifica alla "controparte" un atto di 226 pagine con cui chiede alla Suprema Corte di annullare il verdetto di secondo grado. Verdetto che, essendo stato immediatamente esecutivo, ha già portato Fininvest a versare a Cir la cifra, che il Tribunale aveva indicato in 750 milioni di euro, e che è stata ridefinita in appello. Un risarcimento stabilito in seguito alla condanna definitiva, datata 13 luglio 2007, dell'ex giudice Vittorio Metta, accusato, con gli avvocati Cesare Previti, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico, di corruzione in atti giudiziari: la sentenza del 1991 della Corte d'Appello civile di Roma sfavorevole a De Benedetti, questo l'esito del processo penale, fu comprata corrompendo il giudice estensore Metta con 400 milioni di lire provenienti da Fininvest.

Così oggi, con il "contrattacco" di Fininvest, è cominciato l'ultimo atto che, si ipotizza tra un paio d'anni, porterà a calare il sipario sulla vicenda. «Il ricorso messo a punto dai nostri legali evidenzia come la Corte d'Appello di Milano abbia confezionato, per condannarci, un vero e proprio diritto su misura al fine di superare ostacoli giuridici altrimenti insuperabili», ha dichiarato il presidente della holding Marina Berlusconi. «Dopo due sentenze della magistratura milanese - ha aggiunto - che, in primo e secondo grado, hanno mortificato i principi del diritto e la realtà dei fatti, non possiamo non confidare che in Cassazione venga finalmente riconosciuta l'assoluta correttezza del nostro operato così come la totale infondatezza di quello che è e resta un esproprio scandaloso ai nostri danni».

A stretto giro di posta la risposta di Cir e dei suoi legali, gli avvocati Vincenzo Roppo ed Elisabetta Rubini: «le sentenze del Tribunale e della Corte d'Appello di Milano hanno correttamente applicato il diritto e correttamente ricostruito la realtà dei fatti. Quindi, la condanna di Fininvest al risarcimento non è in alcun modo un esproprio bensì la giusta riparazione di un danno sofferto oltre 20 anni fa per effetto di corruzione giudiziaria». Cir, dopo il deposito del ricorso in Cassazione entro 20 giorni da oggi, avrà tempo altri 40 per le repliche.

Tra i 15 motivi con i quali Fininvest cerca di "smontare" il provvedimento dello scorso luglio, il primo, sulla scorta dell'esposto di Marina Berlusconi, sottolinea che la Corte d'Appello di Milano «non aveva il potere di rifare il giudizio» di secondo grado che all'epoca diede ragione alla famiglia Berlusconi, poichè tale compito spetta semmai alla Corte d'Appello di Roma e, per giunta, solo dopo la richiesta revocazione - è un punto su cui si insite - che Cir avrebbe dovuto presentare 30 giorni dopo il passaggio in giudicato della condanna dell'ex giudice Metta.

Nel quarto motivo, invece, si rileva come sia stato negato il "carattere tombale" dell'accordo dell'aprile del '91 che portò alla spartizione della casa editrice. Altri motivi riguardano, tra l'altro, come i giudici d'appello hanno respinto la cosiddetta "eccezione di giudicato", «l'inesistenza del danno ingiusto» e del «nesso causale tra la sentenza romana e il danno Cir». Infine, tra l'altro, si respinge la «l'imputabilità di Fininvest, sia diretta che indiretta, della corruzione» e si contesta «il calcolo dell'abnorme danno liquidato». (ANSA).

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