Per rilanciare Milano capitale del made in Italy
Milano e la moda italiana devono avere un ruolo di leadership nel contesto della fashion industry internazionale: il sistema manifatturiero italiano è il primo al mondo per qualitàe per valore delle esportazioni, ma per cogliere le nuove sfide globali e fronteggiare la concorrenza delle multinazionali dell usso e delle altre capitali dello stile come Parigi, New York e Londra servono scelte strategiche, il sostegno degli enti territoriali e una politica industriale per il settore.
Ecco le sei proposte contenute nel Manifesto della moda del Sole 24 Ore: 1) Investire sul territorio; 2) Più risorse alla creatività; 3) Puntare sulla formazione; 4) Incentivi fiscali; 5) Spinta all'internazionalizzazione; 6) Solidarietà di sistema
di Paola Bottelli
7. Milano Moda/ Francesco Micheli - Imprenditore, finanzieree presidente MiTo
Ottima l'iniziativa del Manifesto della moda del Sole 24 Ore: auspico che questa volta la classe politica nazionale non si distragga come invece ha fatto con il Manifesto della cultura dello stesso Sole. La centralità di Milano rischia di diventare un bel ricordo, un rifugio nelle memorie di gioventù: dico rischia nel senso che il patrimonio di famiglia, della cui rendita questa città sta vivendo, non si è consumato ancora tutto. Siamo in discesa nonostante le eccellenze e le glorie, passate e presenti, di cui questa ex capitale morale è luogo di intersezione: centinaia di multinazionali, strutture di ricerca nella scienza e nella sanità, un'offerta universitaria sopra i limiti e poi il design e i marchi prestigiosi per i quali il mondo intero ci conosce: da Prada a Tod's alla Scala. Il declino dell'industria è ormai alle spalle, l'editoria è la grande malata del momento: quelli per cui il Portello voleva dire Alfa Romeo stanno diventando una minoranza di anziani. Ma anche quel che ne è seguito si sta usurando come i bordi di un vecchio bel cappotto. La candidatura alle Olimpiadi? Beati i Paesi e le città che non hanno bisogno di Olimpiadi per fare le opere pubbliche necessarie a una vita civile di qualità. Ma se serve un gancio per sollevare dalla palude un barone di Münchausen che non ce la fa a sollevarsi da solo, bene, non siamo in condizioni di snobbarlo. Usiamolo per creare quello spirito di squadra e di sistema, quell'energia collettiva, quel senso di impresa da farsi insieme, tutto quello insomma che in questa città non attecchisce più da quando i grandi fattori coesivi del dopoguerra (classe dirigente, sindacati, partiti, parrocchie, circoli culturali) si sono spenti come si è spenta l'industria. A spingere verso una conversazione comune le eccellenze milanesi non è riuscita la politica e non è bastata l'Expo. Che ci riesca la candidatura olimpica? È possibile, me lo auguro. È un obiettivo che può far bene all'Italia. Riusciremo magari a convincere i grandi nomi della moda a spendere qui un po' di più dei loro congrui profitti. E di più: a dedicare a Milano la loro distratta attenzione. Le famose eccellenze milanesi si concentrino un momento, per favore. Non si comportino come le élite narcisistiche e irresponsabili di Christopher Lasch, che non hanno nessun terreno sotto i piedi e atterrano volentieri nei paradisi fiscali, facciano mente locale (o glocal, come dice bene Piero Bassetti). La Lombardia sta erodendo le fortune accumulate dalla famiglia e posizioni nelle classifiche europee. E se siamo almeno un po' una famiglia è il caso di occuparsene, con o senza Olimpiadi.
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