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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2013 alle ore 12:24.

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Napolitano: spegnere conflitto tra politica e giustizia - Video - Cancellieri a Radio24: pacificazione

Quirinale in campo a tutela delle toghe e della magistratura, sotto attacco del centrodestra dopo le ultime sentenze su Berlusconi e il suo impero mediatico. Per Giorgio Napolitano, occorre «operare perché la politica e la giustizia cessino di concepirsi ed esprimersi come mondi ostili, guidati dal sospetto reciproco, anziché uniti da una comune responsabilità istituzionale». Intervenuto oggi ad un convegno alla Luiss in ricordo del suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio, il presidente della Repubblica avverte: «ci tocca operare in questo senso, senza arrenderci a resistenze ormai radicate e a nuove recrudescenze del conflitto da spegnere nell'interesse del paese. Forse, come qui si é detto, passando attraverso "un ridistanziamento tra politica e diritto"».

Politica e giustizia siano uniti da comune responsabilità istituzionale
Al centro dell'intervento di Napolitano, il ricordo del magistrato Loris D'Ambrosio, a lungo fidato collaboratore del Quirinale e diventato «vittima di quello che il professor Fiandaca ha chiamato "un perverso gioco politico-giuridico e mediatico"», come il presidente ha definito le polemiche per le telefonate allo stesso D'Ambrosio intercettate nell'ambito del caso relativo alla trattativa Stato-mafia.

Ai magistrati: siate meno arroccati sulle possibili riforme per la Giustizia
Nel suo discorso, Napolitano ricorda che il superamento del «fuorviante conflitto» tra politica e giustizia, «gravido di conseguenze pesanti per la vita democratica in Italia», ha sempre rappresentato la sua stella polare, «l'obiettivo costante del mio impegno fin dall'inizio del mandato di presidente». Forte di questo, mette in guardia anche i magistrati da atteggiamenti che potrebbero apparire corporativi o preoccupati della difesa dello status quo, e suggerisce «un'attitudine meno difensiva e più propositiva rispetto al discorso sulle riforme di cui la giustizia ha indubbio bisogno da tempo e che sono pienamente collocabili nel quadro dei principi della Costituzione».

Sbagliato definire in senso dispregiativo i magistrati impiegati pubblici
In uno dei passaggio piu' esplicitamente riferito all'ultimo videomessaggio di Silvio Berlusconi (mai nominato), che aveva definito i magistrati impiegati pubblici, Napolitano ricorda che «il titolo di "impiegati pubblici", riferibile in Costituzione anche ai magistrati, non dovrebbe mai essere usato in senso spregiativo ma non puo' per altro oscurare, da nessun punto di vista, la peculiarità e singolare complessità delle funzioni giudiziarie».

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