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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2013 alle ore 21:39.

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Crisi Regione Sicilia: Crocetta, non mollo, stop a mandarini Pd. Salta l'incontro con Epifani

PALERMO - La direzione regionale del suo partito, il Pd, lo ha formalmente sfiduciato. Ma Rosario Crocetta, il presidente della Regione siciliana non arretra. Anzi semmai avanza. Eccessivo come solo lui sa essere dichiara prontamente che «non si farà commissariale dai mandarini del Pd» e a proposito del rimpasto in giunta, alla base del duro scontro con i vertici regionali del partito, dice: «Sia chiaro non si farà» e aggiunge: «lascerò quando avrò sconfitto la mafia». Perché oggi, Crocetta, parla da un punto di forza dopo aver incassato alcune vittorie sul campo mentre l'opinione pubblica prende atto che il vero sconfitto in questo scontro frontale è il Partito democratico siciliano che si ritrova ancora una volta dilaniato.

«La mia giunta resta in piedi - dice Crocetta - continuo il mio programma, non cambio i miei assessori. Io non so chi nel partito stia dalla mia parte ma so che i cittadini e la base sono con me: ho avuto la solidarietà dei vecchi comunisti, e se loro sostengono me, che sono gay e che ho tagliato gli interessi delle cricche, allora vuol dire che la storia è cambiata». In un uomo che usa come pochi altri la comunicazione anche il non detto ha un senso. E in questo caso Crocetta fa un richiamo alle radici del partito, lasciando fuori l'anima cattolica di cui il segretario regionale Giuseppe Lupo è un esponente di primo piano, che è poi quella che si è dimostrata più ostile nei suoli confronti. E un messaggio a esponenti di altre aree, come il ras dei voti di Enna Vladimiro Crisafulli, con la rivendicazione che la base sta da tutt'altra parte.

Che Crocetta sia oggi in vantaggio sembra chiaro. Il presidente ha prima preso atto della permanenza in giunta dei quattro assessori in quota Pd che alla richiesta di dimissioni del partito hanno risposto picche, poi ha incassato il sostegno dei renziani di Sicilia dati in grande spolvero e giusto per far capire quale sia oggi la musica in un'intervista televisiva ha fatto riferimento proprio al sindaco di Firenze: «Io il Renzi siciliano? Non sono rottamatore - ha detto - sono una persona che sostiene una profonda destrutturazione della politica e la vuole rinnovare. È vero che ho un metodo simile a Renzi. Mi piace? Non so, perché non Renzi o altri? Vedremo. Ho stima di Renzi come di altri».

E mentre lo scontro si fa più duro scendono in campo i pontisti che provano a rimettere insieme i cocci di una maggioranza all'Assemblea parlamentare e soprattutto di un partito che ha dimostrato in questa circostanza tutta la sua debolezza. Scende in campo, per esempio, Enzo Bianco, oggi sindaco di Catania, che invita a rilanciare il dialogo tra Crocetta e il Pd: «Il muro contro muro di questi giorni - dice Bianco - è andato oltre ogni limite. Ho chiesto al segretario del Pd Guglielmo Epifani che la discussione, anche con intervento nazionale, possa essere ricondotta su binari costruttivi. I siciliani hanno decretato che il presidente della regione è Crocetta e che il Pd deve governare con lui. Dobbiamo favorire a tutti i costi la volontà degli elettori e lavorare compitamente per il bene della Sicilia». In fondo lo stesso messaggio che i giovani del Partito democratico con una lettera aperta hanno indirizzato sia a Lupo che a Crocetta.

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