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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2013 alle ore 10:52.

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Un processo lungo. E tutt'altro che semplice. In audizione al Senato, il presidente esecutivo di Telecom Italia Franco Bernabè non nasconde i timori per l'esito del progetto di scorporo, pur difendendone ancora l'importanza come strumento prezioso (forse l'unico) per mettere in moto investimenti sulla rete di nuova generazione.

Le incognite sono diverse e tutte, nessuna esclusa, dovranno essere vagliate con attenzione anche dalla politica nella delicata gestione dei rapporti con Telefonica. Innanzitutto perché, come ricordato in audizione dallo stesso Bernabè, gli spagnoli hanno in mano un sostanziale diritto di veto, poi – tema non secondario – perché il percorso regolamentare con l'Authority per le comunicazioni non ha ancora convinto fino in fondo Telecom Italia.

Con l'Agcom è in corso al momento un confronto tecnico sulla base della cosiddetta "equivalence of input" per garantire piena parità di accesso alla rete, ma mancano ancora certezze – ha rilevato Bernabè – sugli obblighi regolamentari post-scorporo.
Ma non basta. Altro pezzo di un puzzle estremamente complesso è quello della definizione del perimetro (e conseguente valorizzazione degli asset) dell'eventuale newco della rete in cui anche Cassa depositi e prestiti potrebbe entrare tramite aumento di capitale.

Incertezze che pesano, rileva il presidente esecutivo di Telecom Italia, quando avvisa che il progetto dello scorporo «potrebbe avere esiti non scontati e tempi molto lunghi». Ne dovrà tenere conto il governo già nei prossimi giorni, quando i vari ministri interessati dovranno decidere se davvero fidarsi di Telefonica e puntare sul dialogo o provare a blindare l'idea della società della rete, perfino con il ricorso a interventi legislativi.

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