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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2013 alle ore 15:01.

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Giampaolo e il Brescia: gli ultrà dettano le regole, il calcio s'adegua

L'allucinante vicenda di Marco Giampaolo, l'ormai ex allenatore del Brescia, scomparso e poi riapparso dimissionario, non può essere liquidata solo come un atto di fragilità caratteriale. C'è altro che preoccupa, ovvero il pernicioso rapporto tra tifoserie e società di calcio che va ben oltre i confini della serie cadetta e della squadra lombarda. Nell'ottobre di quattro anni fa, quando era ct dell'Inghilterra, Fabio Capello dichiarò, senza tanti giri di parole, che in Italia comandano gli ultrà e fanno tutto quello che vogliono. Il problema non esiste, replicò perentorio Galliani e gli altri presidenti tacquero, in silenzio-assenso. Anche lo scossone del potente Fabio all'albero delle miserie calcistiche è rimasto lettera morta.

Giampaolo, dopo la sconfitta in casa contro il Crotone, è stato di fatto costretto dalla società a un chiarimento con i rappresentanti della tifoseria a porte chiuse. «Andare a colloquio per rendere conto ai tifosi è stato umiliante. Non è accettabile per un professionista e la società avrebbe dovuto tutelarmi», spiega Giampaolo nell'intervista rilasciata al collega Stefano Boldrini della Gazzetta. Un vero e proprio atto di sottomissione, intollerabile nel metodo e nel merito e che non può esser certo classificato entro il naturale e fisiologico dissenso, legittimo da parte di chi acquista il biglietto per godere di uno spettacolo.

La grottesca storia bresciana dimostra ancora una volta che il calcio italiano è talmente affondato nelle sabbie mobili dei propri mali, da non aver più occhi per vederli né mente per porvi rimedio. Lo stupore con il quale il presidente di lungo corso Luigi Corioni ha commentato la sparizione del suo ex pupillo suona come una beffa postuma. Stupisce, semmai, il comportamento di una società che costringe il proprio dipendente a un confronto a porte chiuse con un sedicente gruppo di rappresentanti dei tifosi e non a un legittimo confronto aperto all'intero pubblico e alla luce del sole, attraverso i normali canali d'informazione.

Sono stati gli ultras a dettare la linea di condotta, come sono stati a suo tempo gli stessi ultras a imporre quest'estate il licenziamento del vice di Giampaolo, Gallo, reo di avere avuto dei trascorsi di giocatore con la "nemica" Atalanta. Gli ultrà bergamaschi, a loro volta festeggiano arrotando vecchie carcasse d'auto con i colori dei "nemici" bresciani, alla presenza di giocatori che poi mai nulla sanno e capiscono sempre e solo "dopo". Siamo alla follia, come è stato atto di follia collettiva il processo ai giocatori del Genoa, costretti a togliersi le maglie a pubblico ludibrio nell'aprile del 2012 mentre la partita contro il Siena veniva sospesa per un'ora.

Ci sono regole inderogabili, anche nei rapporti di lavoro dello spettacolo, a partire dal rispetto dovuto a tutti coloro che pagano il biglietto, nessuno escluso. Vi immaginate un teatro che cambia il suo direttore dopo una supposta infelice esibizione per la contestazione di sette o otto spettatori, forse paganti? Persino i mitici loggionisti della Scala, tanto temuti e davvero competenti, non hanno tale potere e si arrogano solo il legittimo diritto di un aperto dissenso.

L'impressione che si ricava è che le frange estreme delle tifoserie abbiano mutato strategia e forme di ricatto. Non le violenze immediate che innescano provvedimenti ad personam, ma minacce ripetute e concepite a freddo, da mettere sul piatto della bilancia del do ut des. Difficile scacciare il sospetto che persino gli ululati, dopo i recenti e doverosi inasprimenti in tema di razzismo, siano una sorta di arma impropria da modulare e usare contro le società: o fai come dico io o i buu si sprecano e gli stadi si chiudono.

N.B. Roma capoccia e Inter a un passo. Gioco pratico, grande solidità e rapidi contropiede sono le caratteristiche che rendono simili due squadre rinate dopo stagioni di crisi e che hanno da pensare solo al campionato. Questo ha detto il turno di mezza settimana. La prossima giornata dirà se il Napoli (contro il Genoa nell'anticipo di sabato) ha capito la lezione, inattesa quanto severa, impartita dal Sassuolo e se la ruggine juventina e la manovra non più fluida dei bianconeri sono frutto solo di un motore ancora imballato. Viene a proposito il derby. Il Torino è squadra tosta assai ed è difficile pensare che dal cielo piovano sui bianconeri altri regali sotto forma di sviste arbitrali: «non eclatanti» per dirla con Conte o «agghiaccianti» per parafrasare con buonumore lo stesso Conte.

Buon campionato a tutti.

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