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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2013 alle ore 16:10.

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La partita politica adesso si gioca su due piani. Il primo è quello immediato che riguarda la gestione della crisi di governo e la prospettiva della legislatura. Il secondo tocca il futuro del centrodestra dopo il drammatico colpo di testa di Berlusconi. I due temi ovviamente s'intrecciano perché è quasi impossibile immaginare che esistano margini per dar vita a una nuova maggioranza, e dunque a un nuovo governo, se Berlusconi riesce a tenere uniti tutti i suoi parlamentari sulla linea ribadita anche oggi: elezioni subito, il più presto possibile.

Il capo dello Stato peraltro lo ha ribadito con chiarezza: le elezioni sono inevitabili, ma solo se non si riuscirà in alcun modo a costituire un'altra maggioranza in grado intanto di varare la legge di stabilità e poi di occuparsi della riforma elettorale (magari solo per "assecondare", diciamo così, la Corte Costituzionale che si esprimerà fra poco sulla dubbia costituzionalità del famoso "porcellum"). Quello che intende fare Napolitano è quindi abbastanza evidente, sia che si tratti dell'esecutivo che i giornali definiscono Letta-bis, in quanto affidato all'attuale premier, sia che si vada verso un "governo di scopo" o un'altra fattispecie di governo del "presidente".

In tutti i casi occorre però che qualcuno sostenga in Parlamento questo esecutivo di transizione. È allora è giocoforza guardare a cosa succede dalle parti della destra. Perché e lì che si decide la partita. Se Berlusconi chiude tutti gli spazi, come sa fare molto bene, non ci saranno alternative al voto, vista l'impossibilità (e anche la non opportunità) di un'alleanza esclusiva Pd-Cinque Stelle. Ma non è detto che le cose vadano così. Oggi al Festival del Diritto di Piacenza, coordinato come ogni anno da Stefano Rodotà, il ministro dimissionario delle Riforme, Gaetano Quagliariello, ha lasciato intravedere per la prima volta la possibilità di una scissione del movimento berlusconiano e la nascita di due destre: la prima, sotto le insegne di Forza Italia, che segue Berlusconi nella sua estrema avventura in chiave personale e populista. E l'altra che si rifà invece alle basi su cui era nato il Pdl: valori liberali, desiderio di rappresentare una certa Italia moderata, adesione al Partito Popolare europeo.

Il fatto nuovo è che Quagliariello ha adombrato per la prima volta in termini precisi la nascita di una seconda destra. Lo ha fatto riferendosi all'esperienza francese del gollismo, essendo lui un noto studioso del generale e della sua epoca. La sostanza del discorso era inequivocabile: così come al tramonto del gollismo in Francia sono emersi due partiti che si rifacevano a quella tradizione, declinata secondo le diverse anime che l'avevano caratterizzata, così oggi in Italia il berlusconismo va scomposto in diversi tronconi. Quagliariello e anche altri ministri dubbiosi (Lupi, la Lorenzin, Cicchitto, Sacconi) si preparano forse, senza rinnegare più di tanto il loro recente passato, a tentare la strada di questa nuova aggregazione del centrodestra, in cui sono forti le influenze cattoliche e che inevitabilmente troverà punti di contatto in Parlamento con altre formazioni che si muovono nella stessa area centrista. Viene in mente, ad esempio, Casini e il suo "partito della nazione" mai decollato.

Ma stasera ciò che più colpisce è la posizione di Alfano, segretario del Pdl di fatto esautorato: egli si scaglia contro la prospettiva di un «partito estremista» e si definisce «diversamente berlusconiano». Un linguaggio sorprendente e in sintonia con l'analisi di Quagliariello. Vedremo, tenendo presente che siamo solo ai primi passi. Ma ora che la situazione è precipitata, ulteriori ritardi non sono ammissibili. Già martedì, quando si presume che Letta si presenterà in Parlamento, l'ordito di questo movimento liberal-democratico dovrà essere visibile. Si dovrà capire se la "seconda destra" è disponibile, senza confusioni politiche, a favorire la nascita di un governo che salvi almeno una porzione della legislatura e poi vada alle elezioni con una nuova legge elettorale.

L'impressione è che nonostante tutto qualcosa si stia muovendo a destra. L'operazione tentata da Berlusconi e dal gruppetto dei suoi consiglieri più oltranzisti si va delineando sempre più come un gravissimo errore che getta il paese nell'instabilità, ma soprattutto come un gesto che rischia di ritorcersi contro il suo ideatore. Il punto da capire è se la "seconda destra" avrà il coraggio prima o poi di giocarsi le sue carte alla luce del sole. Anzi, dovrà essere prima che poi, considerata l'urgenza di dare un governo al paese e di tamponare i danni sulla scena internazionale che derivano da questo ennesimo collasso. Ma questa aggregazione o movimento o partito dovrà anche dimostrare di avere radici nel paese e di essere in grado di dare la parola a quella parte di opinione pubblica che oggi è sconcertata da Berlusconi, ma non vuole seguire la sinistra nella sua corsa di avvicinamento al potere. Comunque vadano le cose, l'impressione è di essere a una svolta. I giorni della crisi del governo Letta potrebbero essere anche quelli in cui il grande iceberg della politica italiana comincia a scongelarsi, dando luogo a un equilibrio un po' diverso da quello che ha ingessato il paese per anni, nell'illusione di inseguire la mitologia di un bipolarismo che nei termini visti e purtroppo sperimentati non ha mai realmente funzionato.

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