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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2013 alle ore 06:39.

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Non c'è solo il rapporto deficit-Pil da tenere sotto la soglia del 3% per evitare la riapertura della procedura di infrazione. Anzi, sono già più di cento i dossier per cui l'Italia è sotto la lente dell'Unione europea.
Per l'esattezza, si tratta di 106 violazioni, che salgono a 110 se si considerano gli "atti d'accusa" avviati la scorsa settimana o in gestazione.
Le infrazioni più recenti
Giovedì 26 settembre, infatti, la Commissione europea ha spedito all'Italia due nuove lettere di messa in mora. La prima interviene nella complessa vicenda dell'Ilva di Taranto, il più grande stabilimento siderurgico d'Europa, commissariato a giugno per tentare di salvarlo dal default dopo il maxi-sequestro per 8,1 miliardi di euro deciso dalla procura. Bruxelles si è attivata in seguito alle segnalazioni di cittadini e Ong che hanno denunciato l'impatto ambientale dell'Ilva. Per l'Ue, l'Italia non garantisce che l'acciaieria rispetti le prescrizioni Ue sulle emissioni industriali, né la direttiva sulla responsabilità ambientale, che sancisce il principio «chi inquina paga». La Commissione ha così chiesto all'Italia di mettersi in regola. Un'altra lettera di messa in mora è poi partita da Bruxelles per contestare la mancata attuazione delle norme Ue del 2004 sul traffico aereo.
Inoltre, la Commissione ha già minacciato di avviare altre due procedure contro l'Italia. La prima per i tempi lunghi e le modalità dei rimborsi dei crediti Iva alle imprese: richiedono due anni in media, ma in alcuni casi sono rinviati senza data, e che, tra l'altro, penalizzano le start-up. E la seconda sul nodo – politicamente sensibile – della responsabilità civile dei magistrati. L'Italia è stata già condannata nel 2011 - al termine di una procedura di infrazione - a modificare la legge 117/1988 che non contempla il risarcimento dei danni da parte dello Stato per la «manifesta violazione» del diritto Ue. All'epoca la pronuncia è stata cavalcata dal centrodestra per cercare di sostituire l'attuale responsabilità indiretta dei giudici con quella diretta: il tentativo si è arenato, ma ora il nostro Paese rischia di tornare sotto accusa.
Senza contare che sull'Italia pesa anche l'accusa dell'Ue per i tempi lunghi dei pagamenti della Pa alle imprese: a fine luglio è stata recapitata al Governo una lettera di preinfrazione e, in mancanza di risposte convincenti entro il 4 ottobre, si aprirà la procedura formale.
È l'ambiente a fare la parte del leone tra le 110 procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia: in 30 casi (il 27%), nel mirino dell'Unione europea sono finiti il trattamento delle acque, le discariche, la gestione dei rifiuti, la disciplina della caccia, l'inquinamento acustico e atmosferico.

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