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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2013 alle ore 19:50.

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Gli irlandesi amano i loro rappresentanti politici più di quanto questi ultimi si ritengano utili. A sorpresa il referendum che doveva ratificare la decisione del Senato di autodissolversi, proposta in nome dell'austerity, è stato respinto di stretta misura. Nei giorni scorsi 33 membri su 60 della Camera alta di Dublino avevano votato a favore della scomparsa del Senato, ritenuto inutile e costoso, 25 si erano espressi per conservarlo e 2 si erano astenuti.

I risultati finali del referendum tenutosi ieri mostrano che i no all'eliminazione del Senato sono stati il 51,7% mentre i sì - posizione sostenuta dal governo del premier Enda Kenny's - hanno raccolto il 48,3%.

Si tratta della seconda consultazione popolare persa dal governo di coalizione guidato da Enda Kenny dall'inizio del suo mandato nel febbraio 2011. Una bocciatura che giunge a sorpresa poiché i sondaggi avevano tutti pronosticato la vittoria del "si". Per il governo di Dublino il Seanad costava troppo (circa 20 milioni di euro l'anno) e non era più essenziale per il processo democratico. Il Senato è formato da 60 membri non eletti direttamente dai cittadini, bensì nominati da senatori uscenti, deputati e rappresentanti locali, o dal premier e dalle università. Il potere più rilevante nelle mani dei senatori, che non possono bocciare una legge approvata dal Parlamento, è quello di rinviarne al massimo per tre mesi la sua entrata in vigore. Un potere che il Seanad ha esercitato solo due volte in 75 anni.

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