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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2013 alle ore 07:39.
L'ultima modifica è del 14 ottobre 2013 alle ore 07:52.
Circostanze nelle quali è lecito attendersi buon buon numero di casi di Dtds tra i reduci che hanno dovuto combattere quasi ogni giorno e hanno visto cadere diversi commilitoni uccisi o feriti.
Fonti vicine agli ambienti militari sostengono che per avere le idee più chiare sulle dimensioni del Dtds in Italia sarebbe importante verificare le denunce per violenza domestica presentate dalle famiglie dei reduci, che pare siano numerose soprattutto tra i membri dei reparti d'élite. Un fenomeno del resto già riscontrato nei Paesi anglo-sassoni.
Per quanto riguarda i suicidi, ha rilevato Mauro, con la sospensione del servizio di leva obbligatorio il fenomeno "si è' sostanzialmente ridotto a valori non statisticamente rilevabili". Riguardo al numero dei suicidi "avvenuti entro due anni dall'impiego in missioni in Afghanistan o in Iraq, ha proseguito, sono noti purtroppo soltanto dati parziali riferiti ai carabinieri, che riferiscono di quattro casi" due reduci dall'Iraq e due dall'Afghanistan. "Il personale militare - ha spiegato ancora il ministro - è sottoposto a specifici accertamenti prima dell'invio in teatro operativo, nel contesto di una visita medica al termine della quale viene rilasciata l'idoneità psicofisica all'impiego. Successivamente, al rientro della missione, il personale viene monitorato e, se ritenuto opportuno, sottoposto a ulteriori approfondimenti".
Strano però che non vi siano dati ufficiali relativi all'esercito, la forza armata maggiormente presente nelle operazioni oltremare e più coinvolta nei combattimenti. Un gap che la Difesa sembra volersi impegnare a colmare. Nella risposta del ministro all'interrogazione si legge che "per consentire un adeguato flusso di dati è in atto una pianificazione organizzativa nell'ambito del Board appositamente costituito presso il competente ufficio di sanità militare.
Dai pochi dati resi noti sembra infatti che in Italia non siano stati effettuati studi e analisi sistematici sui reduci, rapporti che invece abbondano nel mondo anglo-sassone consentendo un attento monitoraggio della situazione e degli interventi da attuare.
L'anno scorso i soldati britannici caduti in Afghanistan sono stati 44, dei quali 40 uccisi dal fuoco talebano, un numero inferiore ai 50 reduci che si sino suicidati in Gran Bretagna dopo il rientro dalla missione. Nello stesso anno i veterani che si sono suicidati sono stati in media uno al giorno nel 2012.
Nel marzo scorso uno studio finanziato dal ministero della Difesa di Londra e condotto su circa 14mila militari rientrati da Iraq e Afghanistan ha rilevato che i militari sotto i 30 anni che hanno avuto ruoli di combattimento o esperienze traumatiche, dopo le missioni all'estero sono più inclini a commettere atti di violenza, rispetto al resto della popolazione.
I casi di Dtds più numerosi si registrano negli Stati Uniti dove hanno raggiunto il 15 per cento tra i reduci dalle missioni belliche con un forte impatto sulla spesa per i medicinali sostenuta dal Dipartimento per i veterani che nel 2012 ha più che raddoppiato la spesa in medicinali (incluso il Viagra) per i reduci rispetto al 2006 . Nel 2010 la Veteran Administration a ha speso 1,9 miliardi di dollari per la cura dei reduci delle guerra in Iraq e Afghanistan con una previsione di spesa tra il 2011 e il 2020 tra i 40 e i 55 miliardi di dollari. Per il prossimo anno fiscale il Dipartimento ha chiesto 152,7 miliardi di dollari, 2,7 in più rispetto a quest'anno.
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