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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2013 alle ore 19:18.
L'ultima modifica è del 16 ottobre 2013 alle ore 11:14.

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Quando qualcuno ci lascia, il suo mondo ricompare, forse per un ultimo istante, proprio nel momento del commiato. Così è stato oggi pomeriggio per la nostra collega Sara Bianchi, mancata sabato pomeriggio all'affetto dei suoi cari e al suo lavoro quotidiano nella redazione online del Sole 24 Ore, ultima tappa di una vita professionale ricca e intensa, a partire dal lungo periodo vissuto in televisione, prima a Telenova e poi alla tv del Sole 24 Ore.

Una folla di amici, di colleghi di lavoro (a cominciare dal direttore del Sole Roberto Napoletano), di membri autorevoli del sindacato dei giornalisti (nelle cui fila Sara era attivamente impegnata da molto tempo) si sono stretti attorno ai familiari nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano a Sesto San Giovanni per accompagnarla nell'ultimo viaggio. Una partecipazione intesa, forse ancora incredula per la notizia scioccante da molti appresa con sgomento in maniera del tutto imprevedibile, tanto sono stati elevati la riservatezza, la dignità, la forza, l'orgoglio di Sara nel tenere il travaglio della malattia tutto per sé (e i suoi più stretti familiari), senza mancare, fino a che il fisico glielo ha consentito, all'appuntamento quotidiano con il lavoro in redazione. Particolarmente nutrito il drappello dei sacerdoti che hanno voluto concelebrare le esequie, a partire dal parroco don Giovanni Brigatti, da don Virginio Colmegna a don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana (giornale nel quale lavora il marito di Sara, Francesco) a don Davide Milani, responsabile dell'ufficio comunicazioni della diocesi ambrosiana.

Ad accogliere le parole di consolazione del celebrante don Giovanni, oltre a Francesco, il papà Giovanni, la mamma Silvia, il fratello Davide, stretti nel dolore ma supportati, pur nell'enormità della perdita, da sentimenti di fede e dall'amicizia dei moltissimi intervenuti. Come il Giobbe evocato nella prima Lettura avranno, insieme a Sara, maledetto la crudeltà della terribile malattia e avranno passato molte notti insonni, condividendo con lei il dramma dei giorni più tristi. Questa è l'ora – ha detto don Brigatti – in cui la fede e l'incredulità si confrontano fino allo sfinimento, alla ricerca di una speranza che non sembra dato all'uomo raggiungere con le sue sole forze.

È l'ora della sola preghiera, quando tutto sembra perduto, come ha rivelato il papà Giovanni in un toccante intervento conclusivo che ha fatto da splendido sunto di una vita caratterizzata dalla dolcezza e dalla forte personalità – quella di Sara – oltre che dall'intensità di un rapporto, quello tra genitori e figlia, che è stato il segreto di un'esistenza vissuta "al massimo". "Sono contenta che siete tutti qui, compreso mio fratello, e ci vogliamo tutti bene", ha detto Sara al papà negli ultimi momenti insieme. La ferita è di quelle che non si rimargineranno per tutti coloro che le hanno voluto bene, ma oggi l'amore di una famiglia, di una comunità di lavoro e di vita è stato davvero visibile. (Massimo Donaddio)

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