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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2013 alle ore 20:50.

Dunque, partiamo dal ciclismo italiano. Il 2013 non è stato un anno da incorniciare. Abbiamo un grande Vincenzo Nibali che copre le magagne, mai poi siamo in evidente affanno. Dietro il campione siciliano, non c'è la fila. E lo si è visto ai mondiali di Firenze. Alla fine, pur dominando, siamo rimasti con un pugno di mosche in mano. Nibali (8) ha vinto il Giro d'Italia e la Tirreno Adriatico, ha sempre corso da protagonista da febbraio a ottobre, ma da solo non può tenere in piedi tutto il ciclismo italiano.

Ivan Basso (5) è ormai sul viale del tramonto. Michele Scarponi (5) comincia avere anche lui una certa età, e quest'anno non ha mai lasciato il segno. Meglio Visconti (6), ma anche su di lui non puoi costruire il futuro. Filippo Pozzato (4,5) da eterna promessa è diventato una sicura incertezza, Damiano Cunego (3) non è pervenuto. L'ex Piccolo Principe si è perso nel suo personalissimo tunnel. Insomma il povero Nibali, come tutti i numeri primi, è in piena solitudine. E i giovani?

Mah. Qualcuno cresce. Nel finale di stagione Diego Ulissi (6,5) ha sparato le sue cartucce centrando un bel filotto di successi (Milano-Torino, Coppa Sabatini, Giro dell'Emilia), però è ancora acerbo. Così anche Moreno Moser (6,5) ed Enrico Battaglin, (6,5), il primo protagonista nella tappa dell'Alpe d'Huez, il secondo vincitore di una tappa al Giro d'Italia. Entrambi non danno però garanzie di continuità. Insomma, siamo in attesa di una nuova nidiata di talenti, che però tarda a maturare.

Chi sta bene è il ciclismo spagnolo (7,5) nonostante la comica finale nel mondiale di Firenze, dove Valverde e Rodriguez sono riusciti a perdere una corsa che avevano già in mano, lasciandola al portoghese Alberto Rui Costa (7,5), prima maglia iridata per il suo Paese. La Spagna, grazie anche ai bizzarri parametri dell'Unione ciclistica mondiale, domina in tutte le classifiche. In quella individuale con Joaquin Rodriguez (vincitore anche del Lombardia); in quella per nazioni con quasi il doppio di punti degli italiani e dei colombiani; infine, nella classifica a squadre con la Movistar che, grazie al successo di Intxausti al Giro di Pechino, è riuscita a scavalcare il team Sky di Chris Froome (dominatore del Tour) di 49 punti. Non vi stiamo a raccontare perchè e percome il Giro di Pechino vale di più di una grande classica o del Tour de France, ma questo ci passa il convento del ciclismo.

In pratica le prove del World Tour sono 28, ma quelle conosciute dal grande pubblico (Mondiale, Giro d'Italia, Tour, Vuelta e le 5 grandi classiche) sono solo 9.

Quindi vincere una corsetta in Cina o chissà dove vale, ai fini del punteggio e della conseguente classifica, quanto vincere un Giro delle Fiandre o una Milano-Sanremo! Chiaramente, tutto si confonde in un gran calderone dove non si capisce più nulla. E così, tra doping e regolamenti astrusi il ciclismo continua a farsi del male. Soprattutto lo fa agli appassionati. Che come tutti gli innamorati sopportano di tutto e di più. Fino a quando, un bel giorno, anche l'innamorato si stufa e ti manda a quel Paese.

Ps: a proposito, in questo grande frullatore, ci stavamo dimenticando di Peter Sagan (8) e Fabian Cancellara (8). Pur diversi, sono due fuoriclasse assoluti che archiviano alla grande il 2013. Lo slovacco, arrogante come tutti i rottamatori, con 22 successi, è il futuro che avanza. Anzi, pur avendo solo 23 anni, è già il presente.

Cancellara, più vecchio di 9 anni, è ancora una certezza, soprattutto nelle classiche di primavera (primo al Fiandre e alla Roubaix). Giù il cappello.

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