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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2013 alle ore 08:03.
L'ultima modifica è del 24 ottobre 2013 alle ore 18:45.

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Sede della regione Emilia Romagna (Imagoeconomica)Sede della regione Emilia Romagna (Imagoeconomica)

Denaro pubblico, che è sempre bene ricordare esce dalle tasche degli italiani, speso per comperare salami, formaggi, penne (di cui anche una da 500 euro), un asciugacapelli, un divano-letto, e pagare l'ingresso ad un bagno pubblico (c'è uno scontrino da 50 centesimi in rendicontazione): i consiglieri regionali dell'Emilia Romagna chiedevano il rimborso per ogni spesa anche solo lontanamente riconducibile al loro lavoro e ora a stabilire se quei soldi siano stati lecitamente rimborsati sarà la magistratura.

Niente Suv qui da noi, ci tiene a precisare l'assessore alla Cultura Massimo Mezzetti (che non risulta coinvolto nell'indagine). Certo i consiglieri emiliani sono stati decisamente più sobri nei loro acquisti dell'ormai ex loro collega della Regione Lazio, Franco Fiorito. E del resto nelle stanze di viale Aldo Moro non risultano Batman o Spider Man con la 's' strisciata.
Tant'è che i nove capigruppo (tanti quanti sono i gruppi presenti in Consiglio) indagati per peculato dai Pm incaricati dell'inchiesta, Morena Plazzi e Antonella Scandellari, si dichiarano tranquilli ma qualcuno ha già digitato sul telefono il numero del proprio avvocato.

Il più serafico è Andrea Defranceschi, unico grillino in Regione dopo l'espulsione di Giovanni Favia che ha traslocato nel Gruppo Misto: "I nostri conti – dice – sono on line dal 2010, non so da noi cosa possano trovare. Nel caso, l'avviso di garanzia ce l'avrebbero spedito prima i nostri attivisti".
Ieri mattina, più o meno alla stessa ora del giorno precedente, la Guardia di Finanza ha fatto nuovamente capolino nelle stanze del Gruppo Misto e dell'Italia dei Valori la cui capogruppo Liana Barbati si è lasciata sfuggire, circa questo anda e rianda di militari, un esasperato: "Sarebbe ora che la finissero. Ho sempre cercato di fare le cose nel modo corretto, non ho portato a casa nulla né abbiamo comprato push up". Del resto il gruppo di cui ha ereditato la leadership da Paolo Nanni è stato tra i primi a finire sotto la lente e proprio per le spese 'dubbie' dell'ex numero uno che fino a due giorni fa era il solo indagato dalla magistratura bolognese.

Tranquilli i vertici del Pd il cui capogruppo Marco Monari ha fatto sapere di avere messo a disposizione tutto il materiale richiesto. Stesso aplomb per il Pdl, anche se Alberto Vecchi (già indagato per una questione di rimborsi chilometrici dubbi) ha commentato l'inchiesta con un caustico: Le cene le abbiamo fatte per trent'anni non si possono più fare? Sono tutte cose che ci hanno sempre detto che si potevano fare. I revisori dei conti le hanno guardate e non le hanno contestate" . E sempre per restare in tema culinario il cerchio lo chiude il capogruppo del Carroccio, Mauro Manfredini: "Qualche pizza c'è scappata – spiega - non voglio mica dire di no. Ma eravamo anche autorizzati in base al regolamento che c'era prima. In base alle regole che ci sono oggi siamo senza caffè e senza acqua minerale".
Morale, in attesa di togato giudizio: che si dia almeno da bere a questi poveri assetati, altrimenti come giustificano la richiesta di rimborso per quei 50 centesimi del bagno pubblico?

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