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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2013 alle ore 07:10.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:33.

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Lo sviluppo dei rapporti tra Italia e Cina, a livello politico-economico, può contare su uno strumento di pianificazione bilaterale che non ha eguali in Europa: il Comitato intergovernativo Italia-Cina.
Mesi e mesi di lavoro diplomatico, di tessitura paziente in ambasciata e con le controparti cinesi sono stati necessari per garantire e preparare il terreno all'incontro di domani, alla Farnesina, tra il ministro degli Esteri Emma Bonino e il suo omologo della Repubblica popolare cinese, Wang Yi, in visita per la prima volta in Europa a San Marino, Roma e Parigi.
Un'accelerazione sul calendario dell'attesa visita si è verificata con l'arrivo a Pechino del segretario generale della Farnesina, Michele Valensise (si veda Il Sole 24 Ore del 5 ottobre).

La nutrita delegazione, rappresentativa anche degli interessi economici cinesi in ballo, arriva appena dopo che l'Europa, attraverso la Bce, ha siglato con Pechino un importante accordo per una swap line da 350 miliardi di yuen e alla vigilia dell'avvio concreto, a fine novembre, del negoziato sugli investimenti tra Europa e Cina, il cui trade off è di 564 miliardi di dollari nel 2012, un deal che ha avuto due settimane fa luce verde da Bruxelles.
Le tre tappe europee della delegazione ministeriale cinese vengono considerate una sorta di banco di prova della volontà cinese di stabilire relazioni reciprocamente utili con i Paesi europei, dopo mesi di tensioni, in particolare con l'Italia, grazie al lavoro silente del comitato che ha la possibilità di dire la sua su nuove basi negoziate con la Cina in un ampio ventaglio di settori economici.

Domani, in mattinata, Emma Bonino e il ministro Wang Yi, che vedrà anche il premier Enrico Letta, aprono i lavori della quinta riunione congiunta del Comitato governativo Italia-Cina che preludono alla firma di un comunicato congiunto, una road map realistica per far riprendere quota ai rapporti tra Italia e Cina e mettere a fuoco le cose da fare per riequilibrare le forze in campo. La Cina ha ricavato molto dall'apertura dei mercati mondiali, risorse che vanno riequilibrate su nuove basi e con nuove regole del gioco condivise e profittevoli per entrambi i Paesi.
Istituito nel 2004, in occasione della visita a Roma di Wen Jiabao, il primo ministro cinese di allora, il Comitato intergovernativo Italia-Cina è l'organismo di coordinamento delle relazioni bilaterali tra i due Paesi.

Presieduto dai due ministri degli Esteri, il comitato svolge la cruciale funzione di interconnessione tra le amministrazioni e gli enti (sia privati che pubblici), che in entrambi i Paesi operano per lo sviluppo delle relazioni bilaterali. Il Comitato governativo ha, infine, un ruolo di supervisione ed orientamento riguardo tutti i progetti e le iniziative economiche che coinvolgono i due Stati. Questa è la prima sessione da due anni a questa parte, attivata da un grande fautore sin dall'inizio dello strumento di dialogo, l'ambasciatore a Pechino Alberto Bradanini, del comitato intergovernativo, che come si diceva non ha eguali in Europa.
Non è solo una lotta impari tra Ide, investimenti diretti, 1 miliardo per la Cina, 12 in senso inverso, un rapporto spropositato nella difficoltà di rimettere in senso un bilancio commerciale strutturale a tutto svantaggio dell'Italia. Come hanno individuato bene i negoziatori, è un problema di nuove regole del gioco, dagli investimenti alla proprietà intellettuale, alla cooperazione internazionale alla gestione dei flussi finanziari e migratori.

La roadmap che uscirà domani al termine del quinto round sarà frutto di un negoziato che vuol rimettere al centro il mondo delle imprese, specie quelle medie e piccole, che hanno o stanno puntando sulla Cina pressate dalla crisi della domanda interna.
I filoni di intervento messi sul tappeto e definiti analiticamente sono quattro, l'urbanizzazione, l'ambiente, l'agricoltura, la sanità. Tutti temi che si riallacciano a quanto i nuovi vertici di Pechino hanno già individuato nella loro programmazione quinquennale.
Un momento operativo cruciale è stato individuate nella creazione di un club degli affari, una sorta di necessario strumento concreto per la pianificazione degli interventi. Una iniziativa davvero innovativa che richiederebbe l'attiva partecipazione di tutte le rappresentanze del mondo delle imprese. Un business club Cina-Italia sarebbe un potenziale luogo d'incontro strutturato e insieme informale, tra le comunità d'affari dei due Paesi.

La novità è che il ministero cinese del Commercio (MofCom), che in delegazione a Roma porterà i suoi massimi rappresentanti, ha accolto con grande favore l'idea. C'è già un documento condiviso per attivare una interazione permanente e innovativa a beneficio del sistema Paese e soprattutto delle Pmi perché abbiano delle reali opportunità in un mercato ormai ineludibile. Ma per funzionare il meccanismo deve poter contare niente altro che sulla volontà delle imprese, italiane e cinesi.

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