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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2013 alle ore 06:49.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:34.

«Una tecnologia vecchia come mio nonno». «Io direi invece che è una risorsa strategica». Sulle prospettive del fotovoltaico in Italia Paolo Scaroni e Flavio Zanonato non hanno idee simili, il manager crede poco alle soluzioni attuali e punta piuttosto sulle applicazioni future del solare, per il politico invece già oggi è una fonte importante. Visioni diverse sul tema quelle dell'amministratore delegato di Eni e del ministro dello Sviluppo Economico, che tuttavia tornano a convergere quando si tratta di valutare l'importanza strategica del nuovo centro di elaborazione dati inaugurato ieri dalla società.
«Un pezzo d'Italia che funziona – ha spiegato il ministro –, progetti come questo fanno crescere l'economia del nostro paese». L'impianto, realizzato in poco più di due anni a Ferrera Erbognone nel Pavese con un investimento di 100 milioni di euro, è stato costruito per ospitare i sistemi informatici centrali di Eni e rappresenta una punta avanzata di sviluppo dal punto di vista progettuale e ambientale.
Visibile anche nello skyline del sito, battezzato Green Data Center, dove troneggiano i sei giganteschi "camini" utilizzati per dissipare l'energia generata. Perché in strutture come questa il tema non è tanto la costruzione di un'ampia capacità di calcolo, quanto piuttosto la possibilità di smaltire in modo efficace ed efficiente l'enorme quantità di calore prodotta dagli elaboratori. Sfida risolta applicando da un lato tecnologie avanzate di risparmio energetico, dall'altro un sistema di raffreddamento che consente un utilizzo minimo dei condizionatori, ponendo così la struttura ai vertici mondiali assoluti in termini di efficienza energetica. «Abbiamo deciso di investire e creare qui un polo tecnologico di eccellenza – spiega il presidente di Eni Giuseppe Recchi –, anche per consentire ai giovani di avere in Italia opportunità di sperimentazione e di carriera, senza la necessità di spostarsi all'estero. È una scelta controcorrente, noi crediamo che sarà di grande utilità per il Paese». «E comunque – aggiunge l'ad Paolo Scaroni – questo è un impianto che ci garantisce ogni anno 30 milioni di risparmi operativi, dunque si tratta anche di un buon investimento. Aggiungo che l'azienda vuole continuare ad operare in questo modo, noi siamo nemici dell'outsourcing e crediamo fermamente nella necessità di controllare in modo diretto, come in questo caso, le attività principali che svolgiamo».
Investimento apprezzato anche dal capo dello Stato Giorgio Napolitano che in un telegramma ha espresso vivo apprezzamento «per il compimento di un progetto ad alto contenuto tecnologico», sottolineando anche «l'attenzione riservata dall'azienda alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie decisive per il contenimento dei potenziali inquinanti e per un sempre più significativo risparmio energetico». Che nel sito pavese, realizzato in un'area di 100mila metri a ridosso della centrale elettrica Edipower (fatto questo che garantisce una fornitura di energia abbattendo le dispersioni di rete) si concretizza riducendo le emissioni di CO2 per 335mila tonnellate all'anno, circa l'1% dell'obiettivo italiano per rispettare il protocollo di Kyoto.
«Ridurre le emissioni – aggiunge Zanonato – così come il costo dell'energia e la nostra dipendenza dall'estero sono obiettivi strategici. Per raggiungerli occorre però cambiare la cultura prevalente che spesso blocca le grandi opere. Noi dobbiamo andare avanti: anche per andare in bicicletta non si può stare fermi, altrimenti si cade».
Avanti con gli investimenti, dunque, anche se pochi minuti dopo il ministro ribadisce il "no" all'estrazione in Italia dello shale gas, la fonte a basso prezzo su cui gli Usa stanno costruendo la propria strategia energetica. «La produzione in Italia non si può fare – chiarisce Zanonato – ,esiste una legge, il discorso è chiuso. È possibile però valutare l'ipotesi di comprare questo gas dall'estero».