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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2013 alle ore 08:24.

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G li ultimi dati pubblicati dall'Istat sull'andamento del mercato del lavoro fanno trasparire le difficoltà che il nostro sistema pensionistico dovrà affrontare in futuro. Il tasso di disoccupazione infatti si attesta intorno al 12,5%, con punte oltre il 40% per i lavoratori più giovani. In un contesto del genere i giovani e i lavoratori con qualifiche più basse, generalmente impiegati con contratti atipici sono destinati a sopportare ancora di più il peso della crisi. I contratti atipici sono caratterizzati, spesso, dalla discontinuità.
Un simile quadro però, soprattutto se destinato a protrarsi ancora per un periodo prolungato, comporta problemi di stabilità per il sistema pensionistico, tuttora basato sul principio della ripartizione: l'equilibrio finanziario è direttamente collegato alla massa contributiva che il mercato del lavoro è in grado di generare. La problematica riguarda il sistema pensionistico pubblico ma anche gli enti di previdenza privatizzati.
È vero, tutti gli enti possono vantare saldi previdenziali positivi per i prossimi 50 anni. Non tutti però hanno provveduto a elaborare in una forma adeguata una valutazione dell'impatto negativo sulla stabilità a lungo termine di un'eventuale riduzione del numero dei nuovi professionisti.
La valutazione da condurre, in modo analogo a quanto effettuato dalla maggior parte dei principali fondi pensione a livello internazionale, è quella di tipo Alm (Asset liability management) sui fattori di rischio. Tra questi, uno degli elementi da considerare dovrebbe essere quello relativo all'eventuale andamento negativo dei futuri ingressi nel mercato del lavoro. In questa prospettiva, si può citare l'Enpam, l'ente di previdenza e assistenza dei medici, che ha costituito un osservatorio sul mercato del lavoro con l'obiettivo di monitorare la situazione e di verificare l'impatto sulla stabilità dei conti.
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