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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2013 alle ore 14:06.
L'ultima modifica è del 07 novembre 2013 alle ore 16:20.

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Boldrini e Grasso esultano: abbiamo tagliato le spese correnti come mai era stato fatto in passato. Ma c'è una voce nei bilanci di Camera e Senato approvati ieri dalle rispettive Aule che non accenna a diminuire nonostante i tagli approvati nella scorsa legislatura: è la spesa per i parlamentari "cessati dal mandato". Che aumenta dell'1,63% a Montecitorio e del 6,22% a Palazzo Madama, per un totale di 7 milioni di euro in più rispetto al 2012.

Leggi il bilancio della Camera

Leggi il bilancio del Senato

Il cambio di legislatura
Il passaggio dalla sedicesima alla diciassettesima legislatura su questo fronte è stato drammatico. Paradossalmente l'alto tasso di ricambio dei parlamentari nelle due assemblee ha prodotto, insieme alla ventata di aria nuova, un aumento della spesa. Sono stati infatti 113 i senatori non rieletti che hanno maturato il diritto alla pensione e 124 i deputati che avevano i requisiti per l'assegno previdenziale. In tutto, quindi, 237 parlamentari in più da l mese di marzo pesano sui bilanci di Camera e Senato alla voce "assegni previdenziali". A Montecitorio dunque la spesa è aumentata di 2,2 milioni; ancor più a Palazzo Madama la cui voce di bilancio si è gonfiata con 4,8 milioni in più.

Le nuove regole
Un segno più che, nelle intenzioni degli amministratori precedenti, non doveva esserci. È infatti della scorsa legislatura la riforma previdenziale a carico dei parlamentari che doveva abbassare il livello di spesa per pensioni e vitalizi che tanto ha fatto gridare allo spreco. Dal primo gennaio 2012, l'entrata in vigore delle nuove regole fa scattare la pensione (con metodo contributivo e non più retributivo) solo dopo aver maturato un'intera legislatura (e non più mezza) e solo al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età. Il requisito dell'età può abbassarsi fino a 60 anni se si ha un'anzianità superiore a una legislatura. Regole che hanno dispiegato i primi effetti proprio quest'anno con il primo cambio di legislatura dopo la loro entrata in vigore . Ma le conseguenze benefiche sui bilanci non si sono ancora viste. Perché? Il tasso di ricambio dei parlamentari è stato talmente alto da determinare un boom di pensionamenti (gli assegni non si possono più chiamare vitalizi) tra senatori e deputati con un aumento di spesa ben maggiore rispetto ai risparmi ottenuti con la riforma previdenziale.

L'analisi dei questori
I questori di Camera e Senato si sono trovati dinanzi all'infausta sorpresa e, dal canto loro, mettono in luce che, senza quella riforma del 2011, l'aumento della spesa previdenziale sarebbe stato ben più cospicuo. Ma c'è dell'altro che pesa sui bilanci delle due Camere. «I tre quarti del bilancio di Montecitorio - spiega il questore di Scelta civica Stefano Dambruoso - è fatto di pensioni e stipendi di deputati e dipendenti, spesa non facilmente aggredibile perché riguarda diritti acquisiti. La quota di spesa su cui si può facilmente intervenire è pari a meno di 300milioni su un totale di circa un miliardo». È per questo che il grosso sforzo fatto dall'attuale presidenza per ridurre le spese correnti si annaccqua e finisce per diventare uno smilzo 5% in meno rispetto all'anno precedente. «Nel medio-lungo periodo comunque - ragiona Dambruoso - le nuove regole produrranno maggiori benefici perché spariranno progressivamente i trattamenti privilegiati pre-riforma e i nuovi parlamentari che andranno in pensione avranno trattamenti di minor favore». Secondo Dambruso inoltre le nuove regole appena introdotte anche in materia di contratti, come «l'introduzione fissa delle gare» porterà a risparmi ingenti nel futuro. Il prossimo bilancio dovrà certificarlo.

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