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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2013 alle ore 16:30.
L'ultima modifica è del 09 novembre 2013 alle ore 16:31.

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Google tax sì, no, forse. Nel Movimento 5 Stelle si apre un caso sul nuovo prelievo destinato a tassare i profitti realizzati in Italia dalle società online straniere. Beppe Grillo l'ha esplicitamente bocciata dal suo blog: «La Google tax sarebbe semplicemente illegale all'interno dell'Unione europea. Il problema di fondo è che i vari politici sono sempre più arrabbiati con aziende come Google, Apple, Facebook e simili perché pagano le loro tasse in un solo Paese Ue. Questo priva, così dicono, gli altri Paesi della loro giusta quota di entrate fiscali derivanti dagli utili su tali vendite. Quello che non capiscono è che la pietra angolare dell'Unione europea al commercio è il mercato unico, e quindi un'azienda deve essere in grado di vendere oltre quei confini internazionali».

Il voto alla delega
Eppure 78 "suoi" deputati l'hanno già votata durante l'approvazione della delega fiscale (ora all'esame del Senato) alla Camera. L'articolo 9, comma 1, lettera i, del disegno di legge sulla riforma fiscale (atto Senato 1058) impegna il governo, coi decreti attuativi della delega, a prevedere «l'introduzione, in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede europea, tenendo conto anche delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività transnazionali, ivi comprese quelle connesse alla raccolta pubblicitaria, basati su adeguati sistemi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale».

La misura, però, è rispuntata tra gli oltre 3mila emendamenti presentati in commissione Bilancio a Palazzo Madama sul Ddl di stabilità. La proposta trova la sua genersi nel Partito democratico - su impulso del presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia e del deputato, Ernesto Carbone - e punta a far emergere i profitti realizzati in italia dalle società online straniere. Il problema dove nasce? Alcune web e internet company vendono servizi, oggetti e pubblicità in Italia ma pagano le tasse in stati dove l'aliquota è più bassa. Secondo gli esponenti del Pd in pratica si realizza una sorta di dumping fiscale e per questo puntano a introdurre il principio che chi acquista beni e servizi da tali imprese possa farlo solo se c'è una titolarità fiscale italiana. La stima dei Democratici è che una misura simile possa produrre un gettito fino a un miliardo di euro da destinare poi ad interventi per ridurre le tasse sul lavoro.

Per Grillo, invece, il «il Partito democratico, ha proposto una normativa che costringe Google, Facebook e altri giganti a pagare le tasse locali sulle loro entrate italiane, anzichè in Paesi con pressione fiscale inferiore come Irlanda e Lussemburgo. Sponsor della legislazione Francesco Boccia. È un approccio del tutto illegale. L'Unione europea si è basata sull'idea molto che ci deve essere la libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali, nonché la libertà di stabilimento . È il fondamento del Trattato di Roma del 1957».

La replica di Boccia
La replica di Francesco Boccia non si è fatta attendere: «La web tax è soltanto una misura di equità fiscale: se l'azienda di Brescia o di Catania deve pagare un'imposta per ciò che ha guadagnato in Italia, altrettanto devono fare le multinazionali del web che guadagnano nel nostro Paese e che oggi, incredibilmente, pagano le tasse in paesi che hanno un'aliquota più conveniente». E aggiunge: «Si tratta dei principi basilari dell'equità fiscale, sociale e produttiva. Google, Amazon e altremultinazionali che operano in Italia sono aziende straordinarie che hanno contribuito a cambiare i tempi che viviamo. Ciò non toglie che devono pagare in Italia le tasse su ciò che guadagnano in Italia».

Inoltre Boccia sostiene di non stupirsi che nel Movimento 5 Stelle ci siano colleghi che ragionano e che la pensano così e ne ho la prova ogni giorno per l'ottimo lavoro svolto dagli stessi deputati in commissione Bilancio. «Grillo spieghi loro perché Google dev'essere privilegiata - conclude il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio - La web tax non è illegale. Diventerà presto illegale fare i furbi col fisco. Anche attraverso il mouse tanto caro al leader M5S».

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