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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2013 alle ore 11:17.
L'ultima modifica è del 25 novembre 2013 alle ore 12:35.

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(Ap/LaPresse)(Ap/LaPresse)

La serie dei misteriosi omicidi in Iran si allunga e tinge di giallo e di sangue anche i negoziati sul nucleare di Ginevra. L'uccisione nella notte di ieri del viceministro dell'Industria Safdar Rahmat Abadi coincide con l'arrivo a Teheran di Yukiya Amano, direttore dell'Aiea, l'Agenzia Onu del nucleare, che intende trovare un accordo sul ruolo dell'Agenzia nel controllo del programma atomico iraniano, proprio nel mezzo di una fase assai delicata delle trattative dopo il rinvio al 20 novembre del negoziato causato dall'opposizione della Francia, che si è fatta portavoce delle preoccupazioni di Israele e delle monarchie del Golfo alle quali è legata da forniture strategiche nel settore bellico.

L'esecuzione di Abadi, colpito alla testa e al torace da una raffica esplosa all'interno della sua auto, non è stata rivendicata ma rinvia alla serie di omicidi di dirigenti e scienziati iraniani di cui l'ultimo rilevante fu quello dell'11 gennaio 2012 di Mustafà Ahmadi-Roshan, ricercatore universitario che aveva lavorato all'impianto di arricchimento dell'uranio di Natanz ed era attivo anche nel centro atomico di Qom.

Dal 13 gennaio 2010 altri quattro scienziati nucleari iraniani, esperti missilistici e tecnici erano stati eliminati da una mano invisibile ma forse non del tutto ignota. Luglio 2011: Daryoush Rezaei, docente universitario esperto dell'Organizzazione atomica iraniana, ucciso davanti alla sua casa di Teheran da un killer in moto. Novembre 2010: lo scienziato nucleare Majid Shahriari muore, sempre a Teheran, per una bomba "adesiva" attaccata alla sua auto. Gennaio 2010: Massud Ali Mohammadi, uno dei responsabili del programma nucleare, è ucciso nella capitale da una motobomba.

Roshan era l'ultimo di questa catena di omicidi, a lui si aggiunge ora Abadi, figura apparentemente di secondo piano del governo del presidente Hassan Rohani che però aveva ricoperto lo stesso ruolo con Mahamoud Ahmadinejad, il che può destare più di un sospetto.

L'esecuzione di Abadi ricorda però anche un altro episodio dalle circostanze poco chiare avvenuto nell'ottobre scorso a Karaj, quando a perdere la vita in circostanze misteriose fu Mojtaba Ahmadi, ufficiale dei Pasdaran, le Guardie della Rivoluzione, che aveva guidato la divisione per la guerra cibernetica.

Le piste interne e quelle internazionali nel groviglio dei misteri iraniani si intrecciano. Meir Dagan, ex capo del Mossad, aveva risposto con un sorrisetto malizioso quando gli era stato chiesto se era stata la "mano di "Dio" a mettere a segno gli attentati in Iran. In realtà diverse inchieste giornalistiche e almeno un paio di libri assai noti fanno il punto sulle azioni coperte dell'intelligence israeliana impegnata a combattere l'eventuale minaccia di un Iran nucleare sabotando centrali nuceleari, eliminando scienziati, fornendo agli impianti apparecchiature difettose attraverso società fittizie e infettando i sistemi informatici iraniani con virus di ultima generazione.

Un libro del 2012 di Dan Raviv e Yossi Melman "Spies against Armageddon", noti giornalisti investigativi israeliani, racconta che agenti del Mossad entrano ed escono dalla Repubblica islamica e che ci sarebbero persino "case sicure" per le spie ebraiche risalenti al periodo in cui Israele aveva relazioni speciali con la monarchia Pahlevi.
«I metodi, le comunicazioni, i mezzi di trasporto e anche le bombe usate nelle uccisioni a Teheran sono troppo sensibili perché il Mossad le abbia condivise con i mercenari», sostengono Melman e Raviv. L'esecuzione finale degli scienziati sarebbe opera di agenti della cosiddetta "Unità baionetta", in ebraico Kidon, il corpo scelto incaricato di portare a termine operazioni clandestine di assassinio e sabotaggio contro terroristi e organizzazioni nemiche.
Un altro libro, "Mossad", di Michael Bar Zohar e Nissim Mishal, diventato un best seller anche da noi, enfatizza il ruolo di collaborazione degli israeliani con il Mek, i Mujaheddin Khalk, il gruppo di opposizione che nell'agosto del 2002 rivelò l'esistenza dei due impianti nucleari di Arak e Natanz.
Il Mossad vanta numerosi precedenti storici nell'eliminazione di scienziati nemici, come ad esempio l'operazione "Spada di Damocle", con cui vennero uccisero scienziati tedeschi che avevano lavorato nella base nazista di Peenemunde e che si erano poi messi al servizio dell'Egitto. Poi ci sono gli scienziati assunti da Saddam Hussein, come il fisico egiziano Yehia Meshad, trovato morto nel 1980 in una stanza d'albergo di Parigi, nello stesso anno in cui Israele bombardò il reattore iracheno di Osirak. Oppure il caso dello scienziato canadese Gerald Bull, incaricato da Saddam di realizzare il "supercannone", ucciso a Bruxelles su ordine dell'ex premier Yitzhak Shamir.

Una cosa è certa, la catena di omicidi mirati non sembra destinata a fermarsi, soprattutto adesso che il premier israeliano Benjamin Netanyahu è impegnato nel sabotaggio forse più complicato: far saltare l'accordo di Ginevra.

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