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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2013 alle ore 07:37.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:42.

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MIRANDOLA (MODENA) - Se nella filiera dell'automotive la cultura tedesca della codeterminazione ha portato notevoli miglioramenti non solo nelle relazioni industriali ma anche nello sviluppo di medio-lungo termine, nel distretto del biomedicale «non ci sono state né contaminazioni né cambiamenti radicali». È tranchant Manuela Gozzi, segretario della Filctem Cgil di Modena, intervenuta ieri a Bologna al convegno dell'Ires per portare due testimonianze dal comparto chimica e gomma-plastica di Mirandola che raccontano un'altra verità.

«Le due multinazionali tedesche Bbraun Avitum e Fresenius Hemocare sono perfettamente allineate al resto del distretto – precisa – sia che si parli di lavoratori somministrati, con tassi che superano il 10% degli organici stabili, sia che si tratti di carte e diritti». Un merito va riconosciuto ai due headquarter in Germania: «aver confermato la volontà di restare e investire nel Modenese dopo il terremoto di un anno e mezzo fa», aggiunge Gozzi.
Bbraun e Fresenius si sono dovute fermare l'estate del 2012, per i capannoni distrutti dalle scosse, come il 95% del distretto di Mirandola – un centinaio di aziende, 5mila addetti e poco meno di un miliardo il giro d'affari – e come tutte le altre imprese sono tornate al lavoro nel giro di tre mesi e arriveranno già quest'anno a risultati 4-5 punti percentuali sopra le performance pre-sisma. «Ma a fare la differenza non sono i comitati aziendali europei, che per altro ci sono, ma la domanda che è in costante aumento per tutti nel distretto», sottolinea il sindacato, parlando di «una buona realtà di contrattazione di secondo livello, anche se non siamo riusciti a introdurre i comitati di sorveglianza».

Una neutralità confermata dall'amministratore delegato di Fresenius Hemocare, Giorgio Mari, tra i fondatori, nel 1990, dell'azienda acquisita tre anni dopo dal colosso tedesco dei medical devices (20 miliardi di fatturato consolidato e 170mila dipendenti in 100 Paesi, mentre la controllata modenese chiuderà l'anno con una ventina di milioni di ricavi e 210 addetti). «Abbiamo autonomia assoluta – spiega l'ad – ma l'obbligo di confronto puntuale e costante sulla gestione, con forecast ogni tre mesi e bilanci mensili. Contratti, norme e rapporti sindacali non risentono della proprietà tedesca». La presenza di una multinazionale alle spalle ha garantito invece la copertura assicurativa contro i 3 milioni di danni causati dal sisma e quindi l'immediata ripartenza. E ora permetterà la costruzione di un nuovo stabilimento attiguo all'attuale da oltre 16mila mq per almeno 10 milioni di euro di investimento, a conferma dell'interesse tedesco per il made in Italy biomedicale.

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